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GIUSEPPE CACCIATORE
della scelta di «vivere con giustizia». Insomma, l’umanità, sin dalle sue
origini, si basa sul senso comune delle leggi, sempre però che gli uomini
«non sien tòcchi da passione di alcun propio interesse di non volerle»11.
Gli interessi, le passioni, i desideri, gli istinti sensibili sono parte costitu­
tiva della natura umana. Dunque non una ragione astratta, soprastorica e
soprannaturale, può cancellare le passioni, ma solo l ’esercizio di un libe­
ro arbitrio moderato e diretto dal senso delle leggi e dall’esperienza del­
la storia. Un grande studioso del pensiero vichiano ha affermato, a ragio­
ne, che la filosofia vichiana della mente non è inseribile in alcun modo ne­
gli schemi del pensiero idealistico, giacché essa non è concepita da Vico
al di fuori del nesso tra mondo naturale e mondo umano. E ben vero che
uno dei tratti essenziali dei fatti umani è il loro tradursi in «volontà di azio­
ne», ma quest’ultima è sempre «condizionata metafisicamente dalla na­
tura, che impone una sua economia di interessi, svolgentesi in maniera
analoga
in presenza di
comuni
sollecitazioni»12. E proprio la presenza di
queste analogie, di questi elementi comuni, di queste costanti, che con­
sente di guardare alla storia come al luogo in cui agiscono, al tempo stes­
so, la ragione e la volontà il cui storicizzarsi diventa evidente nelle forme
sempre più evolute di socializzazione e di agire politico. «Tutto questo
processo è frutto della mente umana, in quanto la si interpreta come vo­
lontà e capacità creativa integrata nella natura; non tuttavia di una ragio­
ne che determina e predispone; essa implica infatti il movimento conco­
mitante delle masse umane, senza di che il disegno mentale resta privo di
riscontro»13. La comprensione degli eventi storici, dunque, ha bisogno di
tutti i sussidi della scienza filologica (dell’antiquaria, dell’etimologia, del­
la cronologia), ma ha ancor più bisogno di commisurare i movimenti del­
la storia con le strutture ideali della mente umana, con quelle strutture,
cioè, dell’ordine naturale che attraversa, nel tempo, la vita degli uomini e
delle nazioni. Quando, ad esempio, Vico nel
De uno
esamina i concetti di
padronanza, libertà e tutela, ne parla come di facoltà innate nell’uomo,
anche se il loro nascere non può essere esente dal manifestarsi di certe oc­
casioni storiche. Così la libertà sussisteva prima che l’uso di fare prigio­
nieri in guerra introducesse l ’istituto della schiavitù; la proprietà del suo­
lo prima che fosse introdotta la divisione dei campi; la tutela e la conser­
vazione di se stessi ben prima che l’educazione e la ragione intervenisse­
ro a moderare sensi, passioni ed affetti14. Vico può così teorizzare la di­
11 G.
VICO,
Scienza nuova,
1725, in
Opere,
cit., voi. II, p. 984; d’ora in poi indicata con
Sn25.
12 N.
BADALONI,
Introduzione a G. B. Vico,
Milano, 1962, p. 404.
13
Ibid.,
p. 405.
14 Cfr.
G. Vico,
Opere giuridiche,
a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974, p. 90.
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