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GIUSEPPE CACCIATORE
lologiche, l ’insieme dei saperi storico-filologici aiutano a discernere quel
vero non immediatamente percepibile dall’uomo e che si è a lungo de­
positato nelle «volgari tradizioni». Cosi, i «grandi frantumi dell’anti­
chità», finora del tutto inutili alla scienza in quanto considerati isolata-
mente e impropriamente, possono invece arrecare «grandi lumi». Esce
in tal modo vieppiù confermato il centrale significato teoretico che ha la
relazione tra filosofia e filologia, giacché le prove filologiche «servono
per farci vedere di fatto le cose meditate in idea d’intorno a questo mon­
do di nazioni»20. Se allora la ricerca filosofica del vero mantiene la sua
preminenza, c’è sempre bisogno, però, della filologia, dell’accertamen­
to della storia, cosicché se, da un lato, le prove filologiche hanno biso­
gno della ragione per vedere confermata la loro «autorità», dall’altro, es­
se contribuiscono, proprio con la loro autorità, a «confermare la ragio­
ne». Se la scienza nuova nasce intorno ai grandi principi della provvi­
denza, della moderazione delle passioni e dell’immortalità dell’anima, es­
sa però definisce e articola le sue funzioni alla luce di un criterio di rin­
venimento, che è innanzitutto storico-filologico, delle regole della «vita
socievole», di ciò che «si sente giusto da tutti o la maggior parte degli
uomini». In quei principi e in quel criterio possono finalmente incon­
trarsi la sapienza volgare dei legislatori e quella riposta dei filosofi, pos­
sono esser posti i confini dell’umana ragione. «E chiunque se ne voglia
trar fuori, egli veda di non trarsi fuori da tutta l ’umanità».
4 . 1 lineamenti fondamentali di una vera e propria filosofia «pratico­
civile» sono posti da Vico fin dall’esordio della
I Orazione inaugurale.
Qui il professore napoletano di retorica indica con chiarezza come il fi­
ne delle istituzioni civili sia da individuare nella «vita morale e felice» a
cui ridurre e condurre non tanto gli uomini nella loro singolarità, quan­
to la nazione come sede originaria e primaria di un interesse «civile» che
riguarda la comunità. Tra le istituzioni che Vico considera
civili
rientra
- proprio per la funzione che essa assume nel garantire bene ed armonia
allo Stato - quella dell’educazione e della formazione culturale. Quel che
indubbiamente colpisce, nell’impianto delle prime orazioni vichiane,
non è tanto l ’esemplarità di una procedura argomentativa pienamente
fedele a classici profili retorico-stilistici e non è neanche l ’ampia e visi­
bile traccia di «cartesianesimo platonico»21, e neanche ancora l ’eviden­
20 Per questa e le successive citazioni cfr.
Sn44,
capow. 359 e 360, pp. 554-555.
21 La definizione, come
è
ben noto, risale a
G . G
entile
(cfr.
La primafase dellafilosofia
vichiana
, 1912; cito da
Studi vichiani
, Firenze, 1927, pp. 59 sgg.). Vico utilizza il famoso ar­
gomento cartesiano («Anche se la mente umana
è
incerta e dubita di tutte le cose, assoluta-
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