PASSIONI E RAGIONE NELLA FILOSOFIA CIVILE DI VICO
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te ispirazione baconiana che si scorge dietro molte affermazioni22 sulla
utilità pratica della conoscenza, quanto, piuttosto, la persistente relazio­
ne, segnalata da Vico, tra la cultura e il progresso della nazione, tra il per­
seguimento del bene civile ed il suo essenziale presupposto, individuato
nell’educazione delle giovani generazioni. Ma l ’impianto teorico e stori­
co-culturale che sta a base del nesso che Vico pone tra l’ineliminabile
presenza delle passioni nella vita etica e politica dell’uomo e la necessità
di una loro regolamentazione affidata alla razionalità delle istituzioni, che
è propria dell’età dell’uomo, poggia su una chiara utilizzazione del clas­
sico concetto di
sapientia.
E ben vero - come scrive Vico - che «ut sa­
pientes simus, id voluntate maxime constat (l’esser sapiente dipende so­
prattutto dalla nostra volontà)» e che, dunque, il fondamento impre­
scindibile resta la capacità della conoscenza di se stessi23. Ma la sapien­
za è anche cultura, è anche, e soprattutto, conoscenza storica (ciò che
viene tramandato24), è anche educazione che ai giovani viene offerta dal­
le istituzioni.
La sapienza non acquista soltanto quel ruolo, pur centrale e rilevan­
te, di integrazione e correzione della tradizionale visione del filosofare (è
la sapienza, infatti, che formando l ’uomo nell’interezza delle sue espe­
rienze, apre alla conoscenza i territori della fantasia, dell
'inventio,
della
storia), ma diventa indispensabile strumento di educazione civile, per­
corso obbligato per quell’alta finalità della scienza e della cultura di or­
dinare la nazione «ad una vita morale e felice»25. La sapienza - che re­
sta per il cattolico Vico la legge più alta donata da Dio all’umanità - è
mente non può dubitare di questo: del suo pensiero; difatti lo stesso dubbio è un pensiero»,
cfr.
ibid.,
p. 85), ma anche per utilizzarlo al fine di riconoscere, proprio alla luce dell’imper­
fezione e della finitezza della conoscenza umana, l’onnipotenza divina. E tale argomento, co­
me mostra Gentile, deriva a Vico dalla
Teologia platonica
di Marsilio Ficino.
15
E certamente di impronta baconiana - come giustamente documenta il curatore delle
Orazioni
(cfr.
G .
Vico,
I Orazione,
1699, in Id.
Le Orazioni inaugurali,
voi. I delle
Opere di
Giambattista Vico
edite dal Centro di Studi vichiani, a cura di
G . G .
Visconti, Bologna, 1982,
p. 219) - il monito a perseguire grandi obiettivi con audacia, giacché solo «dalle grandi pro­
ve scaturiscono di solito successi ugualmente grandi»
(ibid.,
p. 79). Ha sottolineato con for­
za come Bacone sia una delle presenze più significative nelle
Orazioni,
G . GIARRIZZO,
Vico, la
politica e la storia,
Napoli, 1981, pp. 75 sgg. Non si dimentichi, d’altro canto, che proprio con
un esplicito riferimento al
De augmentis scientiarum
inizia il
De ratione.
22 Questo è, d’altronde, l’argomento scelto da Vico per la prolusione del 1699:
Suam ipsius
cognitionemad omnemdoctriparum orbembrevi absolvendummaximo cuique esse incitamento.
23 Attraverso lo studio della sapienza, sostiene Vico, gli animi umani sono in grado di co­
noscere, rapidamente ed agevolmente, «tutte le conquiste della cultura che sono state rag­
giunte e tramandate dagli autori migliori»
(I Orazione,
in
Le Orazioni inaugurali,
cit., p. 93).
24
Ibid.,
p. 73.
25
II Orazione, ibid.,
p. 108.
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