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ALESSANDRO STILE
do, a mio avviso, è la preoccupazione, nutrita fin dal
Traité de la nature
et de la gràce,
di scrollarsi di dosso le accuse di spinozismo, che appun
to i gesuiti tra gli altri gli muovevano.
Consideriamo a questo punto le due opere, così lontane nel tempo, per
coglierne una serie di elementi comuni. Il primo è, palesemente, la forma
di dialogo in cui si presentano, e a cui occorre prestare attenzione.
I personaggi dei dialoghi di Malebranche, spesso ricorrenti o identifi
cabili sotto altro nome in molte sue opere, appaiono significativamente
come parti interlocutrici «interne» alle riflessioni del filosofo. Nelle
Con
versazioni cristiane
, tre personaggi dialogano fittamente nell’arco di alcu
ni giorni. Il primo è Teodoro, spesso erroneamente identificato come il
vero portavoce di Malebranche, depositario del «principio d ’ordine», il
quale assume una funzione maieutica nei confronti degli altri, per indica
re i punti fermi della fede; Aristarco è invece un uomo di mondo («nato
per vivere in società»), ma «bisognoso di beni solidi e di verità indubita
bili»; Erasto viene presentato come «un uomo giovane non ancora conta
minato dalla corruzione del mondo»7, che «consulta il Maestro che lo
istruisce nel segreto della sua ragione: risponde dopo averlo interpellato
ed è sicuro soltanto di ciò che vede»8. Sarà Erasto che, a conclusione del
l’opera, farà partecipi gli amici, in una drammatica lettera, della decisio
ne di ritirarsi dal mondo e vivere in una condizione di radicale misticismo.
Lo stesso personaggio di Teodoro è presente nei
Colloqui sulla meta
fisica, la religione e la morte,
mentre gli altri due interlocutori sono Ari
sto e Teotimo; il primo (in evidente affinità con Aristarco), brillante e
mondano, si trasforma progressivamente, mostrando ai suoi interlocu
tori un progressivo ripiegamento in se stesso; mentre Teotimo si presen
ta straordinariamente affine all’Erasto delle
Conversazioni cristiane.
Non è dunque un caso che i personaggi significativi dei dialoghi ma-
lebranchiani siano tre, e che ciascuno di essi, nella relazione che si in
staura con gli altri, accetti di abbandonare qualche aspetto della propria
fisionomia, senza tuttavia negarne le istanze problematiche. Né è un ca
so che nelle
Conversations chrètiennes
un quarto personaggio, di cui ci
parla l ’amico Aristarco, senza peraltro comparire mai, risulta di fatto
esterno
ed estraneo ai veri contenuti del dialogo, chiuso in una conflit
tualità «irriducibile». Quando Aristarco lo definisce talora «cartesiano»
non senza una punta di disprezzo, talora scettico (perché rifiuta netta
mente le cause finali e «non crede che Dio possa volere farci partecipi di
tutte le sue Verità»), Teodoro ribatte indignato: «se si tratta di un buon
7
Conversazioni cristiane,
cit., p. 5.
8
Ibid.,
p. 11.