118
ALESSANDRO STILE
do, a mio avviso, è la preoccupazione, nutrita fin dal
Traité de la nature
et de la gràce,
di scrollarsi di dosso le accuse di spinozismo, che appun­
to i gesuiti tra gli altri gli muovevano.
Consideriamo a questo punto le due opere, così lontane nel tempo, per
coglierne una serie di elementi comuni. Il primo è, palesemente, la forma
di dialogo in cui si presentano, e a cui occorre prestare attenzione.
I personaggi dei dialoghi di Malebranche, spesso ricorrenti o identifi­
cabili sotto altro nome in molte sue opere, appaiono significativamente
come parti interlocutrici «interne» alle riflessioni del filosofo. Nelle
Con­
versazioni cristiane
, tre personaggi dialogano fittamente nell’arco di alcu­
ni giorni. Il primo è Teodoro, spesso erroneamente identificato come il
vero portavoce di Malebranche, depositario del «principio d ’ordine», il
quale assume una funzione maieutica nei confronti degli altri, per indica­
re i punti fermi della fede; Aristarco è invece un uomo di mondo («nato
per vivere in società»), ma «bisognoso di beni solidi e di verità indubita­
bili»; Erasto viene presentato come «un uomo giovane non ancora conta­
minato dalla corruzione del mondo»7, che «consulta il Maestro che lo
istruisce nel segreto della sua ragione: risponde dopo averlo interpellato
ed è sicuro soltanto di ciò che vede»8. Sarà Erasto che, a conclusione del­
l’opera, farà partecipi gli amici, in una drammatica lettera, della decisio­
ne di ritirarsi dal mondo e vivere in una condizione di radicale misticismo.
Lo stesso personaggio di Teodoro è presente nei
Colloqui sulla meta­
fisica, la religione e la morte,
mentre gli altri due interlocutori sono Ari­
sto e Teotimo; il primo (in evidente affinità con Aristarco), brillante e
mondano, si trasforma progressivamente, mostrando ai suoi interlocu­
tori un progressivo ripiegamento in se stesso; mentre Teotimo si presen­
ta straordinariamente affine all’Erasto delle
Conversazioni cristiane.
Non è dunque un caso che i personaggi significativi dei dialoghi ma-
lebranchiani siano tre, e che ciascuno di essi, nella relazione che si in­
staura con gli altri, accetti di abbandonare qualche aspetto della propria
fisionomia, senza tuttavia negarne le istanze problematiche. Né è un ca­
so che nelle
Conversations chrètiennes
un quarto personaggio, di cui ci
parla l ’amico Aristarco, senza peraltro comparire mai, risulta di fatto
esterno
ed estraneo ai veri contenuti del dialogo, chiuso in una conflit­
tualità «irriducibile». Quando Aristarco lo definisce talora «cartesiano»
non senza una punta di disprezzo, talora scettico (perché rifiuta netta­
mente le cause finali e «non crede che Dio possa volere farci partecipi di
tutte le sue Verità»), Teodoro ribatte indignato: «se si tratta di un buon
7
Conversazioni cristiane,
cit., p. 5.
8
Ibid.,
p. 11.
1...,108,109,110,111,112,113,114,115,116,117 119,120,121,122,123,124,125,126,127,128,...241