LA RAZIONALITÀ IMPERFETTA
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cartesiano, non potrà parlarvi così»9- mostrando apertamente le feroci
controversie tra cartesiani.
Se il quarto personaggio delle
Conversations
ci appare esterno ri
spetto alla «perfezione» del dispari, non da meno è l’interlocutore cine
se dell
'Entretien d’un philosophe chrétien et d’un philosophe chinois
: an
che in questo caso, infatti, il personaggio «pari» del dialogo a due è il fi
losofo cinese, apparentemente un «protagonista», ma in realtà solo «oc
casionale» (potremmo dire malebranchianamente) per l’esposizione di
dattica di alcuni concetti essenziali, peraltro non nuovi.
Ma veniamo agli elementi contenutistici: entrambi i dialoghi parto
no da Dio, che per Malebranche è alla base di ogni domanda. In parti
colare, nella
Conversazione
, secondo lo schema cartesiano, ne viene se
guito il processo dimostrativo di esistenza a partire dall’idea di infinito
che ciascuno di noi percepisce e che è reale in quanto «tutto quanto la
mente percepisce immediatamente è realmente»10. Tale idea ci rimanda
immediatamente a Dio, secondo un passaggio che Malebranche aveva
seguito già nella prima edizione della
Recherchen\
ed è questo il percor
so alla cui conclusione risulta chiaro il significato della «visione in Dio»
quale strumento per l ’affermazione di una particolare forma di raziona
lismo, a cui Malebranche si sforza di assegnare connotati conformi alla
dottrina cristiana.
La natura di tale sforzo è esplicita nel dialogo del 1707, dove è pal
pabile la preoccupazione di allontanare i sospetti di vicinanza tra la pro
pria immagine di Dio e quella di Spinoza. Nel corso della conversazio
ne, e in maniera improvvisa, il filosofo cinese lancia la pietra nello sta
gno («il Dio che voi adorate non è un certo essere, un essere particola
re?»), e il cristiano risponde: «non è un certo essere nel senso che la sua
essenza sia limitata; egli è piuttosto ogni essere»12 (letteralmente: «tout
ètre», che sarebbe stato reso altrettanto bene con « l’essere nella sua to
talità»), Il gesuita Tournemine speculerà su queste parole, riportando er
roneamente nella sua trascrizione «tout /'ètre», e accusando perciò Ma
lebranche di considerare Dio « l’essere in generale», secondo un lin
9
Ibid.,
cfr.
Dialogo III,
p. 45.
10
Conversazione,
cit., p. 53.
11 «Lo spirito non percepisce nulla se non nell’idea che ha dell’infinito e una tale idea non
è affatto formata dal confuso accozzo di tutte le idee degli esseri particolari, come pensano i
filosofi; al contrario, tutte queste idee particolari sono quello che sono perché partecipano
dell’idea generale dell’infinito; allo stesso modo, Dio non trae il proprio essere dalle creatu
re, ma tutte le creature sono solo partecipazioni imperfette dell’essere divino» (Id.,
La ricer
ca della verità,
tr. it a cura di M. Garin, Roma-Bari, 1983, III, II, cap. VI, p. 323).
12
Conversazione,
cit., pp. 66/67; va ricordato che la curatrice fornisce il testo francese a
fronte.