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MANUELA SANNA
del termine, quanto piuttosto in quella che Vico individuerà come l’ac
cezione tipicamente medioevale del vocabolo. In
Sn44,
infatti, parlando
della Fisica poetica, Vico ricorda che «a’ tempi barbari ritornati fu det
ta ‘fantasia’ per ‘ingegno’, e, ’n vece di dir ‘uomo d’ingegno’, dicevan ‘uo
mo fantastico’; qual narra essere stato Cola di Rienzo»3- nel senso quin
di di «uomo stravagante» Proprio per questo dal recensore è così fa
cilmente riconducibile al
figmentum
, in quanto per l’appunto è un’in
venzione fittizia. La sinonimia tra fantasia e ingegno per Vico nasce nel
Medioevo e l’etimologia rimanda - come è stato ben ricordato - alla «tra
dizione ambivalente dell’immaginazione malinconica»4, valorizzata an
che autobiograficamente da Vico, che ne fa una ‘prima operazione del
la mente umana’ (fatta di memoria, fantasia e ingegno) entro cui fiorisce
la poesia primitiva. La separazione vichiana, la differenziazione seppure
nell’ambito della stessa facoltà, tra ingegno e fantasia allontana ogni pos
sibilità di conferire il valore poetico dell’immaginazione fantastica alle
verità puramente intellettuali; quel che Vico subisce di più in questo ca
so è tutto sommato l’influenza del neoplatonismo umanistico piuttosto
che della temperie barocca, nella quale la tradizione lo colloca più spes
so relativamente al tema dell’ingegno. Rispetto al pensiero antico si ve
rifica però una sostanziale separazione tra ingegno e fantasia e tra senti
re e giudicare, cosa che difatti determinava l’ipotesi di un falso conte
nuto sotto una forma vera nei cosiddetti «giudizi eroici», formulati sem
pre sotto la pressione di una passione5.
Nell’uso spesso disinvolto che Vico stesso fa della parola si ritrovano e si scorgono fonti
e interpretazioni differenti del termine; in un recente lavoro proprio sulla fondazione lingui
stica dell’ingegno si individuano almeno tre direzioni, vale a dire a) l’uso classico e umanisti
co di
ingenium
quale sinonimo di
natura
e antonimo di
ars,
così come vien fuori dal
De anti
quissima
(uso che rende più articolabili e fruibili le applicazioni in sede di teoria della cono
scenza); b) l’uso della tradizione medico-galenista cinquecentesca, dove l’ingegno appare co
me sinonimo di ‘disposizione naturale’, di indole; c) l’uso derivante dalla tradizione aristote
lica per la quale l’ingegno scopre le relazioni fra le cose e perciò le fa: questo approccio è quel
lo che conduce all’aspetto più tipicamente barocco teorizzato dai vari Pellegrini, Sforza Pal
lavicino,Tesauro o Muratori. In Vico le tradizioni prendono corpo insieme e unitamente ven
gono utilizzate. La letteratura critica sul filosofo napoletano le prende in considerazione se
paratamente, a seconda dell’ambito che intende privilegiare e, laddove ci si ferma sulla teo
rizzazione epistemologica, la riflessione sull’ingegno è fermamente ancorata alla tematizza-
zione del fare storico, del «verum-factum» (cfr. S.
G
en sin i
,
‘Ingenium’ e linguaggio. Note sul
contesto storico-teorico di un nesso vichiano,
in
Vico und die Zeichen. Vico e i segni,
a cura di J.
Trabant, Tubingen, 1995, pp. 237-256).
3 G. B. VICO,
Opere,
a cura di A. Battistini, Milano, 1990, p. 766.
4 A.
SCARSELLA,
Dallo «spiritus phantasticus» alla «Poesia fantastica»,
in
Geografia storie
e poetiche delfantastico,
a cura di M. Farnetti, Firenze, 1995, p. 96.
5
Sn44,
degnità LUI.