LA RAZIONALITÀ IMPERFETTA
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infelici», Teodoro, rivolto ad Aristarco, legittima l’esigenza dell’amico:
«vi servono delle prove che siano sensibili»19; e le offre relativamente ai
temi del piacere e della felicità. L’esistenza di Dio riceve qui una nuova
dimostrazione, che procede dall’impulso irresistibile verso la felicità, ali
mentato dal piacere, per giungere alla vera causa che lo determina e che
ne costituisce il fine. Si tratta infatti di «una causa superiore che agisce
in me capace di rendermi felice o infelice (...), superiore a noi perché
agisce in noi»20, e che deve conoscere, per averlo strutturato all’origine,
il meccanismo che ci porta a provare piacere. Dio è l’unico in grado di
renderci felici o infelici, perché «è solo Dio che scopre in se stesso il nu
mero, la figura e la situazione dei corpi e, più in generale, tutto ciò che
succede loro, dal momento che tutto accade attraverso l ’efficacia delle
sue volontà»21.
Nella
Conversazione
, analogamente, di fronte alle dimostrazioni del
l ’esistenza di Dio proposte dal filosofo cristiano e basate sui concetti di
infinito, di Saggezza, di Ordine, il cinese chiede prove di segno diverso
(«non ne avreste di più sensibili?»). Il cristiano risponde in modo del tut
to affermativo («ve ne darò quante ne vorrete»)22, e risale all’origine «fi
sica» dell’impulso alla felicità, considerando cioè Dio come causa delle
percezioni.
Queste, infatti, non rimandano agli oggetti (la cui esistenza è
assolutamente ipotetica), né agli organi corporei (il cervello, come gli al
tri organi corporei, «non è che estensione diversamente configurata»),
né alla stessa anima, che non ha posto le leggi generali e non le conosce.
Le percezioni, che sono «modificazioni della mente», hanno luogo in
virtù di leggi generali dell’unione dell’anima e del corpo che Dio ci ha
dato per la conservazione della vita23.
L’ambivalenza del discorso malebranchiano, stretto tra un estremo
razionalismo e forti sollecitazioni esistenziali emerge con forza dal volu
me di Jean-Christophe Bardout,
Malebranche et la Métaphysique
24, do
ve il giovane studioso rivela passione e rigore argomentativo, senza tut
tavia chiudere la sua riflessione alle sollecitazioni del dubbio.
19
Conversazioni cristiane,
cit., p. 7.
20
Ibid.,
pp. 15 e 17.
21
Ibid.,
p. 18.
22
Conversazione,
cit., p. 69.
23 Dio «si è fatto una legge generale di darci ad ogni istante tutte le percezioni degli og
getti sensibili che dovremmo dare a noi stessi se, conoscendo perfettamente la geometria e
l’ottica e ciò che accade nei nostri occhi e nel resto del corpo, noi potessimo oltre ciò, unica
mente in conseguenza di tale conoscenza, agire in noi stessi e produrvi tutte le nostre sensa
zioni in relazione a questi oggetti»
(ibid.,
p. 85).
24 J.-Ch.
B
ardout
,
Malebranche et la Métaphysique,
Paris, 1999.