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ALESSANDRO STILE
Anche riguardo alla conoscenza della natura Bardout ricorre al sen­
timento, per attingere le verità (contingenti) legate all’esistenza; infatti,
sostiene lo studioso francese, la conoscenza sperimentale «deriva dallo
stesso tipo di rivelazione naturale della conoscenza confusa dell’esisten­
za dei corpi» (che è poi quella per «sentimento»). Certo, occorre chie­
dersi doverosamente «se lo statuto epistemologico secondario del senti­
mento non impedisca alla conoscenza sperimentale di avere una auten­
tica dignità filosofica»57; d ’altra parte, «Malebranche non sempre consi­
dera il sentimento come l ’altro dell’idea, come il suo opposto o il suo
contrario; il sentimento viene talora concepito come un riassunto sinte­
tico di ciò che la meditazione parallela delle idee manifesta ad alcuni spi­
riti privilegiati»58, e l ’«idealizzazione» del sentimento fonderebbe il ten­
tativo malebranchiano di ridurre lo scarto tra risultati sperimentali e de­
duzione razionale fondata sulla razionalità divina espressa nel principio
della semplicità delle vie con cui Dio agisce59.
Nelle
Conclusioni
Bardout riassume le sue tesi e ripropone tutti gli
interrogativi emersi dalla sua lettura della metafisica malebranchiana.
Per dirla in modo più stringente, nel momento in cui l’essenza si pone
sciolta da ogni relazione con l ’esistenza dell’oggetto di cui peraltro fon­
da il pensiero, grava inesorabile da una parte la «necessità incondizio­
nata dell’essenza», dall’altra « l’irriducibile contingenza dell’esistenza».
Occorre dunque domandarsi se la metafisica non condanni se stessa «a
mantenere fuori da sé una dimensione fondamentale del mondo di cui
tuttavia pretende di stabilire la natura»60. Non solo: la lettura che fa l ’Au-
tore, proprio alla fine del volume, del rapporto tra Verbo e Cristo in Ma­
lebranche rende ancora più lancinanti le ambivalenze; il Verbo è infatti il
«luogo delle essenze intellegibili», mentre Cristo è proprio colui che «si
incarna in primo luogo e fondamentalmente per ‘rendere sensibile al cuo­
re’ ciò che lo spirito non può più cogliere intellegibilmente, e per innal­
zare una seconda volta (mediante la fede e non la ragione) il finito all’in­
finito santificando il mondo e le creature profane che lo popolano»61. C’è
57 «Poiché l’esperienza fisica è per principio orientata alla manifestazione delle singola­
rità ma aspira d’altra parte alla scientificità, rischia di certo di trovarsi definitivamente com­
promessa da una dottrina della conoscenza incontestabilmente a disagio nelle tenebre dell’e­
sistenza»
(ivi).
58
Ibid.,
p. 294.
59 «Se la metafisica fissa la questione del diritto,
quidjuris,
l’esperienza risponderebbe
piuttosto al
quidfacti
: la metafisica porta all’esperienza il fondamento della propria certezza
in quanto procura alla fisica il ‘dogma’ della necessità di una legge generale così come la non
meno necessaria uniformità e costanza di Dio in tutte le sue operazioni»
(ibid.,
pp. 292-293).
60
Ibid.,
p. 300.
61
Ibid.,
p. 306.
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