LA RAZIONALITÀ IMPERFETTA
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dunque una scissione dell’essenza divina tra il Verbo e la Potenza, «in ­
dissolubilmente inconoscibile e sorgente di tutto ciò che è», e che «ha
delle ragioni che la Ragione universale ignora e ci fa ignorare»62. Il sa­
crificio della croce ratifica questa scissione, da una parte rendendo sen­
sibile ciò che l ’intellegibile non può mostrare, dall’altra sacrificando il
sensibile a beneficio del solo intellegibile. Ancora una volta interviene il
sentimento, «per persuadere ciò che la scienza dell’idea non saprebbe
far credere; ancora una volta, è investito da una funzione che la metafi­
sica non può più assumere»63.
Bardout può allora concludere riflettendo sulla «inettitudine della
metafisica nel render conto dell’insieme dell’esistente»64; ciò non toglie
che Malebranche sia stato «uno dei più profondi pensatori della Crea­
zione», perché, «rifiutandosi di inscrivere la verità nel campo del creato
ma radicalizzandone simultaneamente la rappresentazione fino a fare del
suo oggetto ‘esistente’ un correlato invisibile, l ’Oratoriano medita pie­
namente la Creazione scoprendola finalmente inesplicabile filosofica­
mente (attraverso cioè la visione in Dio)»65.
E il momento di tirare le fila complessive del discorso. Attraverso le
recenti traduzioni di Malebranche e del volume di Bardout, si rafforza il
convincimento di un percorso praticabile e necessario aperto non solo a
un approfondimento del pensiero dell’Oratoriano, ma, più complessi­
vamente, del razionalismo tra Seicento e Settecento nella sua progressi­
va trasformazione. Il 1708, anno di pubblicazione della
Conversazione di
un filosofo cristiano e unfilosofo cinese sull’esistenza e la natura di Dio
è
anche l ’anno in cui va alle stampe il
De nostri temporis studiorum ratio­
ne
di Giambattista Vico. Ebbene, questa coincidenza cronologica viene
a ratificare di fatto, tanto nel razionalismo estremo di Malebranche,
quanto nella parabola discendente del «mentalismo» cartesiano recepi­
to a Napoli, che pure Vico aveva seguito, l ’insopprimibile istanza della
sfera del sensibile.
Come
è
stato ampiamente sottolineato nel corso degli studi vichiani
(a partire dallo spartiacque del «terzo centenario»), il recupero d ell’un i­
verso della sensibilità che emerge dal
De ratione
non rappresenta una
mera segnalazione della pregnanza della percezione nella corposa natu ­
ra umana, ma, piuttosto, la premessa «p e r una più ampia ed interessan­
62
Ibid.,
pp. 303-304.
63
Ibid.,
p. 306.
64
Ibid.,
p. 305; la metafisica «fallisce nel voler
rendere ragione.
L’autarchia noetica del
mondo intellegibile si esaurisce nel rendere ragione dell’universo esistente, indeducibile e dun­
que impensabile»
(ibid.,
p. 303).
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