TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVILIS
NEL
DENOSTRI TEMPORIS STUDIORUMRATIONE
È stato giustamente osservato che «la passione di Vico fu la
civitas
, la
repubblica ben funzionante nella quale gli uomini agiscono come citta
d in i»1. Di questo progetto, inteso come ideale politico ciceroniano2e, al
tempo stesso, come impegno pedagogico, sono testimonianza le sette
Orazioni
che Vico concepisce e pronunzia tra il 1699 e il 17073. Tra di
1 M. M
ooney
,
Vico e la tradizione della retorica
, tr. it. Bologna, 1991, p. 123. Come Moo-
ney, anche Gadamer, Grassi e Apel hanno ampiamente contribuito a ritrovare nella tradizio
ne umanistico-rinascimentale le radici della speculazione vichiana. Cfr. in particolare: K. O.
A
pel
,
L'ideadella lingua nella tradizionedell’umanesimodaDantea Vico,
tr. it. Bologna, 1975,
in partic. pp. 405-478; H.
G . G
adamer
,
Verità emetodo,
tr. it. Milano, 1992, in partic. pp. 42-
56; E. G
rassi
,
Vico e l’umanesimo,
Milano, 1992.
2 K. O. Apel individua nella «fondazione che il Vico, professore di retorica, compie del
le scienze dello spirito come
nuova scienza del mondo civile
», «non solo una sorta di conti
nuità che da Cicerone attraverso Quintiliano passa a Petrarca, Salutati Valla e Poliziano», ma
anche «una geniale realizzazione della
scientia civilis
ciceroniana»
(A
pel
,
op. cit.,
p. 190). Per
Francesco Botturi, in Vico rimane centrale la concezione del linguaggio come veste civile: «una
concezione vissuta del linguaggio quale ‘istituzione delle istituzioni’, determinante la vita as
sociata, veicolo di ogni tradizione culturale e strumento di formazione. Il linguaggio insom
ma come corpo vivo della ‘humanitas’». È allora condivisibile la tesi secondo cui «l’attenzio
ne alla componente umanistica vichiana è ciò che permette di cogliere un nesso fondamenta
le nel pensiero di Vico, che è anche un principio dinamico costruttivo del suo intero edificio
speculativo: il rapporto della sua poetica e della sua politica ovvero la valenza pratica del poe
tico e la poeticità originaria dell’esperienza etico-giuridica» (F.
BOTTURI,
Tempo, linguaggio e
azione. Le strutture vichiane della «storia ideale eterna»,
Napoli, 1996, p. 105).
3 G. Vico,
Le Orazioni inaugurali I VI,
a cura di G. G. Visconti, Bologna, 1982;
De no
stri temporisstudiorumratione,
in Id.,
Opere,
a cura di A. Battistini, Milano, 1990,1.1, pp. 87-
215 (d’ora in avanti,
De rat.).
Per Giuseppe Cacciatore il
De ratione
è una prima conferma di
come nella filosofia vichiana il ‘pratico’ e il ‘civile’ siano motivi filosofici che devono essere
letti insieme: ciò significa «esplicitare subito uno dei caratteri, per così dire costituitivi, della
filosofia italiana moderna (e fors’anche, distintivi rispetto alla tradizione filosofica tedesca,
nella quale ha finito quasi sempre col prevalere la tendenza a ricondurre la tendenza pratica
ai presupposti logico-conoscitivi e sistematici di quella teorica)». Al contrario, Cacciatore giu
stamente individua una «linea di svolgimento del pensiero italiano che, innanzitutto a parti
re da Vico, ha consapevolmente costruito le basi di una visione antropologica ed etico-politi-
ca della filosofia e che ha progressivamente spostato il baricentro del dibattito dalla relazio
ne speculativa tra logica, conoscenza e azione, al nesso tra filosofia e storia, tra storia e dirit
to, tra metafisica e ‘pratiche’ della condotta della vita e della prassi sociale e politica» (G.
C
ac
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