TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVILIS
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civilis
che Vico concepisce e sviluppa, a partire dal modello dell’umane­
simo ciceroniano, proprio negli anni in cui scrive le
Orazioni
10. Cicero­
ne, infatti, aveva inteso l ’educazione topico-retorica come momento in
cui la formazione del perfetto oratore risponde a un ideale di vita, al-
l
’habitus
di comportamento dell’uomo «civile», del perfetto
civis Roma­
nus11.
All’interno di questo programma, teso a ricercare un criterio unita­
rio di sapere su cui fondare l ’arte del vivere civile, Vico scopre, dappri­
ma nelle forme espressivo-linguistiche della retorica e poi nella topica,
la presenza di una funzione euristica e formativa che, pur trovando ori­
gine in una disposizione naturale, rimarrebbe cieca inclinazione se non
trovasse riscontro, come via di esercizio e di espressione, nei modelli del
«sapere topico». Piuttosto che raccolta di luoghi comuni, grazie ai qua­
li garantire la «veridicità» delle premesse del ragionamento dialettico, la
topica, all’interno della più articolata arte retorica, si configura nel
De
ratione
come strumento euristico, espressione del
Xingenium,
via per la
10 A partire da un’attenta analisi dell’opera di Paolo Mattia Doria e di Gregorio Calo-
prese, Enrico Nuzzo ha offerto un importante panorama sul dibattito intorno alla «reinter­
pretazione della Vita civile», assai vivo nel «cartesianesimo meridionale tra ’600 e ’700»,
aprendo anche a delle interessanti notazioni su come la questione si propone in Vico (cfr. E.
Nuzzo,
Verso la «vita civile»,
Napoli, 1984, p. 72, n. 6). Analizzando con attenzione critica
l’opera del Doria, Enrico Nuzzo individua i segni di una tradizione filosofica etico-politica
a cui è vicino anche Giambattista Vico. Nota inoltre, opportunamente, come tra Doria e Vi­
co vi sia un comune «nucleo di interessi relativi al legame tra ‘passione civile’ e ‘filosofia’,
una ‘filosofia’ sempre tenacemente difesa dai pericoli di una sterile sofisticatezza da entrambi
gli autori, nel prosieguo dei loro itinerari intellettuali, pur nella manifesta lontananza degli
esiti speculativi. Era la costante azione di quella ‘filosofia’ che aveva reso, nelle antiche re­
pubbliche greche, le virtù pubbliche ‘ferme’, e con esse stabili compagini politiche»
(ibid.,
pp. 259-260).
11 La convinzione della funzione civilizzatrice della retorica attraversa la tradizione clas­
sica da Isocrate a Cicerone e anche oltre. E inoltre topos classico, assai diffuso nell’Umane-
simo e nel Rinascimento, che l’eloquenza metta a nudo la natura divina della mente. Da Pe­
trarca a Valla, a Piccolomini, a Salutati e ad altri ancora, la difesa della retorica si accompa­
gna, inoltre, alla difesa del suo carattere sociale e politico. Riscoprendo in Cicerone e Quin­
tiliano i paradigmi per la difesa della funzione «civilizzatrice» della retorica, la tradizione
umanistico-rinascimentale trasmette a Vico una problematica che chiama in causa il nesso fi­
losofico verità-linguaggio, introducendo una visione dinamica e «politico-sociale» del con­
cetto di verità. «La lettura in chiave pragmatica della poetica vichiana costituisce allora una
possibilità di reinterpretazione anche della prospettiva di filosofia pratica che l’opera di Vi­
co contiene» (E
BOTTURI,
Tempo, linguaggio eazione,
cit., p. 106). Per una visone storica del­
la retorica cfr.
B. VlCKERS,
Storia della retorica,
tr. it. Bologna, 1994; J.
J. MURPHY,
La retori­
canelmedioevo,
tr. it. Napoli, 1983. Inoltre, fondamentali restano i numerosi studi di O. Kri-
steller e di E. Garin sul Rinascimento, e, in particolare, a chiarimento del processo di «reto-
ricizzazione» della dialettica in età rinascimentale, l’interessante studio di C.
VASOLI,
La dia­
lettica e la retorica dell’Umanesimo. «Invenzione» e «metodo» nella cultura del XV e XVI se­
colo,
Milano, 1968.
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