TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVIUS
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ai sentimenti di socialità e alla prudenza, divenendo espressione di una
volontà libera, che sebbene corrotta, si articola attraverso il
Nosse,
il
Pos
se
e il
Vellefinitum quod tendit ad infinitum21.
Attraverso lo studio della retorica e la comprensione della parola poe
tica Vico, privilegiando gli aspetti creativo-retorici, non quelli intellet
tualistici della mente, utilizza gli strumenti ermeneutici cari a questa tra
dizione, e costruisce il suo orizzonte filosofico a partire da un concetto di
«sapere» inteso come
scientia civilis
al cui fondamento, nel
De ratione
, in
opposizione al metodo critico cartesiano, pone il «metodo topico».
Il filosofo ha piena consapevolezza dell’importante compito che il
«sapere» ha nell’ambito della creazione della «vita civile», come forma
di ragionevolezza pratica, come «prudenza» da apprendere con oppor
tune forme educative. Ma è pur convinto che una nuova via debba esse
re cercata affinché la trasmissione della tradizione non sia strumento di
«verità» trasmesse secondo un non più credibile principio di autorità22,
dietro il quale si nascondono «borie di dotti» e «borie di nazioni». Il «sa
pere», anche filologicamente inteso, è per Vico patrimonio comune di
21 È stato osservato che, nel
De uno
, Vico pone una «relazione ontica tra il
posse, nosse,
velle infinitum
e il
nosse, velie, possefinitum quod tendit ad infinitum».
Il mondo civile come
creazione umana è per Vico intelligibile, oggetto dunque di sapere: «nei principi della crea
zione umana diventano visibili i principi della stessa creazione divina». Inoltre, l’uomo, come
nosse velie
e
posse,
creato in modo analogo a Dio tende a ritornare a Dio così come da Lui
proviene: «tutto questo è nondimeno completamente vero soltanto per la natura umana inte
gra, prima della Caduta; se l’uomo fosse rimasto in questo stato la vita umana sarebbe consi
stita nella
humana beatitudo
del seguire, in
heroica sapientia
, la sua tendenza verso l’unione
con l’eterna verità di Dio. La natura umana, comunque, è corrotta dalla Caduta, con la con
seguenza che il
velie
umano è in opposizione all’umano
nosse».
Tuttavia «l’uomo non può mai
perdere completamente di vista Dio»; in lui vi è una
vis veri o ratio
, chiamata «virtù quand’es-
sa combatte contro la cupidigia nell’anima individuale», e «giustizia quando dirige ed equili
bra gli interessi utilitaristici di trna moltitudine di uomini (...). Questo principio di un
aequum
utile,
misurato dalla ragione che partecipa all’eterno vero (...) può diventare il principio or
dinatore perché l’uomo è capace di comunicazione» (E.
VóGELIN,
La Scienza nuova nella sto
ria delpensieropolitico,
tr. it. Napoli, 1996, pp. 62-63).
22 Chaim Perelman, richiamando l’attenzione sul «principio del libero esame», in oppo
sizione al «principio di autorità», attribuisce al protestantesimo e in particolare a Martin Lu
tero la prima affermazione forte di tale principio, come rivolta della libertà del credente con
tro «l’autorità del papa e del concilio». Individua poi nel cartesiano
Discours de la méthode
la
ribellione della filosofia in nome del «principio del libero esame», contro il principio di au
torità, indicando come limite del
Discorso
cartesiano il restringimento del criterio di verità al
la sola «evidenza razionale»
(Le libre examen, hier et aujourd’hui,
in «Revue de l’Université de
Bruxelles» II, 1949, 1, pp. 39-50). Purtroppo Perelman non tiene conto della filosofia di Vi
co e della sua difesa della «topica», ignorando un’importante pagina di tradizione filosofica e
retorica, essenziale per la definizione della lotta al principio di autorità attraverso una via che
chiama in causa la condizione storica quale carattere della razionalità e la «topica» come se
gno della capacità inventiva degli uomini.