TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVILIS
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e la correttezza del ragionamento e del giudizio. Vico giunge così a ri­
scoprire il «potere» scardinante della funzione euristica della topica e le
sue potenzialità formative. Addestrando la mente al corretto esercizio
delle capacità creative e conoscitive, la topica offre opportunità per con­
seguire giudizi non affrettati, ma correttamente condotti dopo avere ana­
lizzato i «pro» e i «contra» di ogni questione. La topica, dunque, ha va­
lenza etica, sociale e politica, ma al tempo stesso ha una funzione euri­
stica che giova a chi vuol procedere nello studio mosso da un interesse
più particolarmente epistemologico. Nella risposta al recensore del
De
antiquissima,
Vico ribadisce come per lui la «topica» non sia la ripropo­
sizione passiva di consolidati «luoghi» discorsivi, quanto invece un ter­
reno di esercizio in cui memoria e fantasia si ricongiungono aprendo la
mente a un procedere inventivo che, scoprendo elementi nuovi, garan­
tisce il corretto processo di crescita verso la conoscenza. Osserva infat­
ti: «Dite che la topica è arte di ritrovare ragione e argomenti per prova­
re che sia; né mai infino ad ora aver veduto topica veruna che diaci re­
gole di ben regolare e dirigere le semplici apprensioni delle nostre men­
ti. Io pur diffinisco così la topica; ma ‘argomento’, in quest’arte, non suo­
na ‘disposizione di una pruova’, come volgarmente si prende e da’ lati­
ni
argumentatio
si appella; ma s’intende quella terza idea, che si ritrova
per unire insieme le due della questione proposta, che nelle scuole dice­
si ‘mezzo termine’; talché ella è un’arte di ritruovare il mezzo termine»25.
Per Vico la topica non è una mera tecnica giuridica, arte di trovare l’ar­
gomento probatorio più adeguato alla costituzione dello status della cau­
sa, quanto soprattutto è
inventio
, scoperta filosoficamente pregnante del
«mezzo termine» come punto dialettico di ricongiunzione mentale di ele­
menti e di tra loro distanti.
Vico avverte tanto più l’esigenza di consegnare ai giovani le sue con­
vinzioni, quanto più riscopre, attraverso i suoi studi di filologia e di re­
me qualcosa d’intimamente connesso alla propria possibilità di sopravvivenza e radicata in se
stessi, così che da essa discenda l’autorità umana, «come proprietà d’umana natura che non
può essere tolta all’uomo nemmen da Dio senza distruggerlo». È questa l’autorità del «libe­
ro uso della volontà», che per Vico non trova la sua ragione di verità neU’«intelletto» che è
«potenza passiva soggetta alla verità», ma nella «libertà dell’umano arbitrio», che in se stesso
scopre la possibilità di «tener in freno i moti de’ corpi, per o quitargli affatto o dar loro mi­
gliore direzione: ch’è ’l conato propio degli agenti liberi». Ciò significa che neU’uomo si dà
un’originaria esperienza di libertà come «autorità», ovvero tale da trarre forza normativa da
se stessa («conato propio degli agenti liberi»): «autorità di natura umana» a cui segue «l’au­
torità di diritto naturale», una sorta di volontà inscritta nella consapevolezza della coscienza
di
come essere per la morte, ma anche al di sopra della morte (cfr.
G. Vico, Scienza nuova
1744
, in Id.,
Opere,
a cura di A. Battistini, cit., 1.1, capow. 385-386).
25
Risposta di Giambattista Vico...,
cit. p. 163.
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