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GIUSI FURNARI LUVARÀ
riscoprendo le forme ideative con cui l ’uomo istituisce il suo linguaggio
conoscitivo e comunicativo, costruendo con gli altri uomini un comune
orizzonte di vita civile.
Aristotele, ponendo tra dialettica e retorica una relazionalità anti-
strofica aveva legato le due
artes
in un reciproco rapporto di dare/ave
re, chiamando in causa la forma del ragionamento opinativo e la forma
elocutivo-persuasiva dell’azione linguistica. Vico, da studioso e maestro
di retorica, conosce dall’interno la struttura teorica dell’arte topica e del
la retorica e vive pienamente lo spirito culturale-politico che si innesta
nella visione retorico-topica del reale umano. Una visione che aveva tro
vato nell’Umanesimo e nel Rinascimento un momento di crescita e di ap
profondimento senza pari.
Interessato a ripensare i criteri della trasmissione del sapere secondo
una prospettiva che si colloca già al di là del modo in cui era stato inte
so il «principio di autorità», e anche al di là della cultura «umanistico-
letteraria», Vico non tarda ad accorgersi che per evitare la decadenza del
la vita civile è necessario ripensare i fondamenti del sapere secondo cri
teri che ne rivitalizzino dall’interno l ’autorità normativa.
Seguendo sempre «la pratica di proporre universali argomenti scesi
dalla metafisica in uso della civile»33, Vico nelle prime tre
Orazioni inau
gurali
tratta «de’ fini convenevoli alla natura umana»; nelle «due altre,
principalmente de’ fini politici»; nella sesta, poi, «del fine cristiano»34;
nella settima, infine, nel
De ratione
, propone la questione del metodo, di
gran lunga il più interessante degli argomenti tematizzati nelle
Orazioni,
che lo stesso Vico riconosce come il suo primo impegno filosofico, de
gno di essere dato alle stampe33.
Ripercorrendo gli itinerari della sua formazione filosofica, Vico chia
risce come tra le principali intenzioni che motivano i suoi studi avesse
sempre avvertito una pressante esigenza di trovare le ragioni «comuni»
- e dunque «umanamente» universali - di un mondo la cui «verità» e ra
gione di esistenza potevano, dopo Cartesio, risultare incomprensibili,
estranee alla «legge» della comprensione razionale e tali da lasciare ap
parire l ’uomo e la sua azione senza realtà, senza «verità»: così infatti ap
pariva la
vita activa
, senza il concorso di un mondo comune in cui la men
te fa esperienza di sé come «senso comune»36.
33
Vita,
p. 30.
34
Ibid.,
p. 31.
35 Cfr.
ibid.,
p. 36.
36 «La filosofia moderna cominciò con il
de omnibus dubitandum est
di Descartes»: con
questo dubbio metodico che tagliando il rapporto con il mondo reale finiva con il fare del
«senso comune» una sorta di elemento ingannatore. «La filosofia moderna si volse con tanta