TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVILIS
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Nel ricercare le ragioni che caratterizzano il mondo umano come «ci­
vile» (ovvero come certezza che trova forza nel «senso comune»), non
era possibile ignorare le forme retoriche della persuasione e quelle euri­
stiche della topica37: l ’una e l’altra legate a quell’originario farsi dell’uo­
mo essere civile, e, per questo, capaci di guidarlo nella difficile arte del
vivere sociale e del governare38. Un tessuto di sapere, la topica, all’in­
terno del quale l ’uomo si caratterizza come essere sociale che, agendo in­
sieme agli altri, costruisce uno spazio di comune appartenenza e un
con­
tinuum
generazionale in cui il tempo si organizza come un mondo retto
da una «metafisica civile». Nel corso delle
Orazioni
, Vico aveva sottoli­
neato come «la conoscenza delle cose divine, l ’esperienza delle cose uma­
ne, unite all’eloquenza, concorrono alla formazione di quei sapienti ca­
paci di trar fuori l ’uomo dalla solitudine egoistica e di condurlo ‘ad coe­
tus’, cioè alla socievolezza, ‘ad humanitatem colendam (...), ad indu­
striam’» 39 . Il
De ratione
definisce poi il metodo con cui realizzare que­
sto progetto di filosofia «pratico-civile». La «sapienza», come ordine di
sapere «topico», ha dunque per Vico un ruolo preminentemente etico­
pratico. Un ruolo che, passando attraverso «il recupero e la trasfigura­
zione della tradizione classico-umanistica e dell’eredità aristotelica»40
.consente al filosofo napoletano «di costruire una visione filosofica di
ben più ampio respiro rispetto ai dominanti modelli contemporanei (spe­
cialmente del cartesianesimo)»41.
violenza contro la tradizione, facendo penitenza per l’entusiastico rinnovamento e la risco­
perta dell’antichità nel Rinascimento» (H.
A
rendt
,
Vita adiva,
tr. it. Milano, 1988, p. 202).
Per un approfondimento dell’argomento cfr. R.
VITI CAVALIERE,
Viconella lettura diHannah
Arendt,
in
I
d
.,
Il giudizio e la regola,
Napoli, 1997, pp. 159-192.
37 Com’è stato osservato il
De ratione,
«si organizza con uno schema oppositivo e bina­
rio che da una parte mostra la topica,
Vinventio,
la retorica, l’immaginazione, il verosimile, la
storia e dall’altro la critica, il
iudidum,
la logica, la razionalità, il vero, la matematica» (A.
BAT­
TISTINI,
Note,
cit., p. 1331).
38 Cfr.
De rat.,
p. 135.
39 G.
CACCIATORE,
Vico e lafilosofia pratica,
cit., pp. 78-79.
40
Ibid.,
p. 79.
41
Ivi.
Richiamando l’attenzione sulla «Pratica della Scienza nuova», Giuseppe Cacciato­
re opportunamente sottolinea la tensione pratico-politica della filosofia di Giambattista Vico:
«Vico assegna una funzione precisa (...) alla sapienza e alla cultura, giacché i ‘maestri della sa­
pienza’ e le accademie devono insegnare ai giovani come ‘dal mondo di Dio e delle menti si
discenda al mondo della natura per poi vivere
un’onesta e giusta umanità nel mondo delle na­
zioni.
E uno dei primi insegnamenti riguarda proprio la natura del mondo civile, la capacità,
cioè, che i giovani devono conquistare nel saper distinguere tra la ‘materia’ e la ‘forma’ del
mondo fatto dagli uomini. La
materia
si manifesta nel disordine e nel caos, la
forma
è invece
armonia, vita e perfezione. Dunque, la materia è il ‘corpo del mondo delle nazioni’, è il luo­
go d’origine della difettosità e del vizio, è la situazione in cui l’umanità non riesce ancora a
possedere discernimento e virtù, in cui, infine, si perseguono le ‘proprie particolari utilità (le
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