TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVIUS
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lontane, possono essere ricongiunte per «ingegnosa» similitudine. Egli
osserva inoltre che «se è vero, come appare ai grandi filosofi, che le in­
doli dei popoli si formano con le lingue e non le lingue con le indoli, so­
lamente i francesi potevano, al mondo intero, in virtù del loro sottilissi­
mo idioma, escogitare questa critica, tutta piena di spirito, e l ’analisi che,
fin quando poteva, ha svestito le grandezze matematiche di ogni corpu­
lenza. Stando quindi così le cose, essi lodano l’eloquenza adeguata alla
loro lingua per la sola verità e sottigliezza dei concetti e per il pregio del­
la disposizione delle parole»52. La riduzione della forma linguistica alla
stringatezza espressiva concettuale limita lo sviluppo delle menti e im­
pedisce alle forme espressive linguistiche di svolgere la funzione elocu-
tiva e persuasiva che giova invece a dare forma al carattere civile e so­
ciale dei popoli. Di contro, la lingua degli italiani, che abbonda delle for­
me figurali del discorso, risulta più idonea a cogliere con virtù fantasti-
co-poetica «cose diverse e lontane tra loro», ampliando il raggio di com­
prensione e di conoscenza del mondo, ma anche a rendere più versatile
l’indole umana, a renderla più pronta a comprendere i casi della vita, che
per loro natura sono aperti al possibile. Scrive Vico: «Noi italiani, inve­
ce, siamo dotati di una lingua sempre suscitatrice di immagini, onde gli
italiani da soli hanno superato sempre tutti i popoli della terra per la pit­
tura, scultura, architettura e musica; noi, dotati di una lingua che, sem­
pre vivace, per il fascino delle similitudini trasporta gli animi degli udi­
tori alla comprensione di cose diverse e lontane tra loro - il che ci fa es­
sere, dopo gli spagnoli, il popolo più ricco di acume»53. Come si legge
nelle
Institutiones
™, l ’acume, ovvero « i detti acuti», risulta essere non so­
lo l’espressione delle menti più ingegnose, ma quello che meglio si pre­
sta sia a persuadere, che a far comprendere con facilità anche le verità
più ardue, e soprattutto ha il merito di promuovere la partecipazione del­
l’uditorio alla dinamica della comunicazione, rendendolo non recettore
passivo, ma parte attiva, creativa della stessa comunicazione.
In quanto maestro di retorica, Vico coltiva un concetto di sapienza
di chiara impronta ciceroniana, che risulta filosoficamente interessante
se si tiene conto che arti quali la dialettica, la topica e la retorica non so­
no meri strumenti tecnici che l’uomo usa per utilità, ma sono luoghi in
cui si ritrovano congiunti insieme corpo, anima e mente, quando, come
52
Ibid.,
p. 141.
53
Ivi.
Sull’argomento cfr.
A
pel
,
op. cit.,
pp. 427-435.
54
Institutiones oratoriae,
cit., § 37; a proposito dei «detti acuti» cfr. D. Dì
C
esare
,
Lafi­
losofia dell’ingegno e dell’acutezza diMatteo Pellegrini e il suo legame con la retorica di Giam­
battista Vico,
in
Prospettive di storia della linguistica,
a cura di L. Formigari-F. Lo Piparo, Ro­
ma, 1988, pp. 157-173.
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