TOPICA, RETORICA E
SCIENTIA CIVILIS
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lezza capace di dare un fondamento, un metodo alla normativa etica e
giuridica e dunque un criterio con cui fare dell
’ethos
pubblico-politico
un luogo di esercizio libero, critico e responsabile di azione e di parola;
ma soprattutto diviene impossibile dare credito a una
ratio iuris
ben ar­
gomentata e che non sia la consuetudine fondata sull’arbitrio e priva di
qualsiasi
ratio
originaria.
Cartesio, rivendicando l ’autonomia della ragione di fronte alla tra­
dizione, aveva contrapposto la sua indicazione di metodo al principio di
autorità - principio che può risultare applicabile anche alla topica, se
questa non viene pensata in maniera critica ed euristica. D’altra parte Vi­
co, difendendo il fondamento euristico del «senso comune», conferma
che la certezza del
cogito
è del tutto astratta e apolitica. Osserva infatti:
«Procedono erroneamente coloro che adottano nella prassi della vita il
metodo di giudicare proprio della scienza; infatti essi misurano i fatti se­
condo la retta ragione, mentre gli uomini, per essere in gran parte stol­
ti, non si regolano secondo decisioni razionali, ma secondo il capriccio
e il caso. E poiché non hanno coltivato il senso comune né mai perse­
guito le verisimiglianze, contenti della sola verità, non apprezzano come
in concreto la pensino gli uomini e se ciò sembri loro pur vero: il che non
solo per i semplici cittadini ma anche per gli ottimati e per i sovrani è sta­
to attribuito a gravissimo difetto e talvolta fu di gran danno e rovina»58.
Vico indica quindi nell’abbandono del metodo topico una delle cause
della decadenza dei costumi e dell’oscuramento del «senso comune».
Quanto più, infatti, si inoltra nella conoscenza dell’opera cartesiana, tan­
to più avverte il bisogno di comprendere e chiarire la struttura della co­
noscenza umana, per ritrovare le linee della difesa della
scientia civilis,
per individuare una «metafisica civile» quale acquisizione di un respon­
sabile orizzonte di vita59 fondato su «princìpi» di ordine generale.
58
De rat.,
pp. 133-135.
59 Dopo aver opportunamente chiarito di non voler «tracciare precorrimenti» e «neppu­
re di sentire assonanze (...) tra i problemi e i metodi di Vico e i problemi e i metodi delle scien­
ze sociali», Fulvio Tessitore osserva: «Quando Vico nella sezione
De’ Principii
della
Scienza
nuova
del 1744, enuncia ‘questa verità la quale non si può a patto alcuno chiamare in dubbio:
che questo mondo civile egli certamente è stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, per­
ché se ne debbono, ritrovare i principi dentro le modificazioni della nostra medesima mente
umana’» (...) riprende (...) problemi e interpretazioni affacciati già alcuni decenni, almeno da
quando, nel De
nostri temporisstudiorum ratione
(1708), contrappone al
vero
cartesiano
ve­
rosimile,
spostando l’attenzione dal mondo delle leggi determinanti e deduttivisticamente ri­
cavate a quello della fattualità la cui virtù è la
prudenza
, cioè la capacità di trovare di volta in
volta, con ricerca empirica, il comportamento più idoneo a dar conto della variabilità e mu­
tevolezza delle circostanze e delle realtà individuali, superandole ma non annullandole» (F.
TESSITORE,
Vico e le scienze sociali,
in questo «Bollettino» XI, 1981, p. 151).
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