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GIUSI FURNARILUVARÀ
ratteri più veritieri del «sapere», qui si esprimono e maturano le poten
zialità naturali della mente come pienezza di natura umana. Di contro ri
tiene riduttivo e fuorviarne limitare la problematica filosofica alla defi
nizione del
cogito62,
cartesianamente posto fuori del tempo, dello spazio,
in una posizione di estraneità rispetto all’esperienza del mondo e alle re
lazioni umane legate al possibile, all’opinabile, al verosimile. Posizione
che confina il
cogito
in uno spazio di consapevolezza immediata di sé che
se è coscienza non può mai farsi pienezza e certezza del conoscere.
Contrapponendosi all’idea cartesiana del
cogito,
Vico, nel
De ratio
ne,
difende la «sapienza» quale condizione perché gli uomini sviluppi
no le loro facoltà critiche. Capacità, facoltà e potenzialità aperte con dop
pio volto al reciproco condizionarsi di realtà storico-politica e vita della
mente, che chiamano in causa, come prima condizione del loro funzio
namento, la socievolezza, ovvero « l’idea che gli uomini dipendono dai
loro simili non solo perché hanno un corpo e dei bisogni fisici ma pro
prio in virtù delle loro facoltà mentali»83.
Non è tanto la ricerca della verità, quale ricerca di una certezza ulti
ma ancorata a un’astorica necessità metafisica, che sollecita il problema
filosofico vichiano. Non lo sollecita la ricerca di una spiegazione teorica
che conduca la riflessione lontano dalle condizioni di vita terrena del
l’uomo, estraneandolo dalla responsabilità storica. Non lo sollecita la co
noscenza «oggettiva» della natura, conoscenza che l ’uomo non può rag
giungere in ragione dei limiti naturali che lo vogliono creatura in un crea
to di cui non è creatore. Ciò che interessa Vico è la «sapienza-pruden
za», in quanto opera degli uomini posti nello
status
storico-esistenziale,
quale luogo in cui si svela la condizione (non la natura) umana, dove il
qui e l ’ora si fissano come esistenza di uomini che esprimono la loro pre
senza sulla terra; un mondo civile costruito sulla scorta di capacità uma
ne opportunamente orientate a tenere a freno l ’assopita barbarie. Se dun
que di fronte alla natura l’uomo si arresta in un’intenzione di conoscen
za che non può andare oltre la ricostruzione di alcuni elementi che si of
frono alla sua mente ingegnosa, secondo il principio del
verum-factum -
che Vico teorizzerà nel
De antiquissima
- , di fronte al sapere, di cui si ali
menta la «vita civile», l’uomo si scopre creatore, dando libero inizio al
suo mondo, attraverso le forme creative (analogiche e immaginative) del
la mente. Opportunamente, a partire dalla splendida difesa che fa della
metafora nella prima
Orazione,
Vico parla di una mente divina e disegna
82 È nota, a proposito della critica al
«.cogito»
cartesiano, la differenza sottolineata da Vi
co tra «scienza» e «coscienza» da lui esemplificata con il riferimento al Sosia della commedia
plautina: cfr.
De antiquissima
, cit., pp. 71-72.
83 A
rendt
,
op. cit.,
p. 27.