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GIUSI FURNARI LUVARÀ
una «sematologia». Una prospettiva filosofico-antropologica che finisce
con l ’individuare nel «fare» le possibilità costitutive della
vis veri,
quale
forza verso cui tendono le capacità della mente, giustificando l’idea di
una dialettica che si svolge secondo le modalità dell’agire non pragmati
sticamente inteso come risposta ai bisogni dell’azione, ma «poietica-
mente» pensato come capacità creativa della mente. In tale prospettiva
l ’agire non appare passivo impulso mosso dalla necessità dell’utile, ma
l ’opera dell’
ingenium,
che si modella come libera azione di una mente
creativa che è insieme fantasia, memoria,
ingenium,
e che per questo può
esser detta divina.
Vico non si nasconde le insidie contro cui viene a scontrarsi il suo
progetto filosofico di organizzazione della
scientia civilis,
in un contesto
di rinnovamento culturale intento a ricercare i fondamenti del sapere nei
rigori logicistici dell’intellettualismo matematizzante. D’altra parte la fa
miliarità con il linguaggio poetico e retorico lo convince che l ’uomo isti
tuisce le sue categorie di senso secondo una misura di verità umana, ov
vero di verosimiglianza, che libera la potenza creativa della mente e con
duce l’occhio umano a vedere al di là dei confini del qui e dell’ora.
Se dunque il pensiero filosofico moderno si era aperto all’insegna
della ricerca di un nuovo metodo di sapere, Vico, riproponendo un idea
le di «sapere» tradizionalmente fondato sul criterio dialettico-retorico,
sollecita una delicata questione che, attraverso preziosi studi filologico-
filosofici e giuridici, lo conduce a maturare l’idea che si possa definire
una «metafisica della mente», giungendo a scoprire il carattere storico
delle forme umane della conoscenza, in una rivisitazione filosofica delle
forme tradizionali del sapere.
Pur avvertendo in positivo la ricchezza innovativa della proposta di
metodo avviata da Cartesio88, Vico ne comprende i limiti in quanto, a
differenza di Cartesio, vede apparire nel sapere opinativo una realtà uma
na ben ordinata. Ciò che discende dall’esperienza, dall’azione, ciò che
risulta filosoficamente legato all’ordine del possibile e del verosimile non
mostra infatti, a suo avviso, di essere frutto del caso, o ancor peggio del
disordine e dell’inganno sofistico. Si rende dunque conto, avvertendolo
come intrinseco bisogno, che la saggezza, il «senso comune»,
Xingenium,
88
Vico, nel
De ratione
, sottolinea come la topica e la critica debbano ritenersi due meto
di di sapere tra loro complementari e tali che data l’una segua l’altra. Ritiene, inoltre, che nei
curricula
scolastici la prima, la topica, debba precedere l'altra, la critica, sia perché la giovi
nezza delle menti fa fatica a entrare in armonia con la critica, sia perché dalla topica traggo
no «nascimento» le strutture interpretative e le forme del linguaggio con cui l’uomo (mente-
anima-corpo), si pone in relaziona al reale: forme storiche senza le quali la mente non si fa
ra
tio,
fenomenizzandosi, coniugandosi e «facendosi» con e nel reale (cfr.
De rat.,
p. 111).