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RECENSIONI
ta nel 1827. Lo stesso Pons punta l’indice sullo stravolgimento che quest’edi­
zione compie già sul titolo, modificandolo in
Principes de laphilosophie de l'hi-
stoire,
che invita a far uso di una nozione come quella di «filosofia della storia»
divenuta alla moda nel XIX secolo e capace d’influenzare non poco e a lungo il
significato dell’opera vichiana.
Ma, nonostante il largo contributo di Michelet, la Francia è diventata ora -
precisa Pons nell’ introduzione - uno dei paesi di grande tradizione filosofica
nel quale l’opera di Vico è la meno conosciuta. Questa traduzione colma quin­
di un vuoto significativo nella divulgazione degli studi vichiani, presentando una
versione raffinata e attenta del difficile testo vichiano, che già in sé presenta -
come si sa - una costruzione e un’impostazione inconsueta e inquietante.
Pons ci ricorda nell’introduzione lo schema adoperato nell
'Idea dell’Opera
presente nell’edizione 1730 e non riproposta nel 1744, dove così Vico avvisa il
lettore che si accinge a quest’avventura: questa scienza
ragiona con uno stretto
metodo geometrico,
con cui da
vero
passa ad immediato
vero;
e così vi fa le sue conchiusioni. Laonde ti è bisogno di aver fatto l’
abito
del
ra­
gionar geometricamente;
e perciò non aprire a sorte questi libri, per leggerli, né per
salti, ma continovame la
lezione da capo a’ piedi:
e dei attendere, se le
premesse
sie-
no
vere,
e
ben ordinate,
e non
meravigliarti,
se quasi tutte le
conchiusioni
n’escano
maravigliose\
lo che sovente avviene in essa
Geometria,
come quella per esempio del­
le due linee, che tra loro in infinito sempre s’accostano, e non mai si toccano; perché
la
conseguenza
è turbata dalla
fantasia;
ma le
premesse
s’attennero alla pura
ragion
astratta
(G.
Vico, Principj d’una scienza nuova,
rist. anast. a cura di M. Sanna e F.
Tessitore, Napoli, 1991, p. 94).
Questo brano iniziale la dice già lunga sulla reputazione di oscurità della
quale fu vittima l’opera vichiana: un libro che non si può leggere isolando i ca­
pitoli dall’unità compatta del tutto e, d’altra parte, è possibile chiedere a un te­
sto di essere visibile ad un unico sguardo?
«E non meravigliarti» dice Vico « se le conchiusioni escono maravigliose»;
quale gioco migliore sul doppio senso dell
’admiration
cartesiana: meraviglia co­
me stupore - sulla scia di Longino - e meraviglia aristotelica che partorisce la
filosofia, così come per Vico invece genera scienza, cioè scoperta delle cause.
Quello stesso senso di smarrimento che ci genera la geometria, le cui premesse
nascono da ragione astratta, ma le cui conseguenze sono stravolte dall’esercizio
della fantasia. Quella Fantasia della XXXVI degnità, che è «tanto più robusta
quanto è più debole il raziocinio», e la presenza della quale garantisce una «con-
chiusione maravigliosa», anche in geometria. Lo stesso Pons ricorda nell’intro­
duzione come la considerazione vichiana della poesia e dell’infanzia del mondo
si appelli a una riabilitazione dell’immaginazione, così maltrattata dai cartesia­
ni. Questo brano rievocato da Pons sintetizza bene il tema del cammino meto­
dologicamente fondato della
Scienza nuova,
verso la scoperta del vero e delle
sue umane contaminazioni.
«Fantasia» è già subito nella
Scienza nuova
uno di quei termini che potrem­
mo dire «inconfondibili», sui quali si basa insieme l’ambiguità o l’originalità di
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