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RECENSIONI
ni inglesi di Bergin e Fisch viene reso con «ingenuity», «invention», «genius»,
«perception». Fantasia è tradotta con «imagination», nell’impossibilità di usa­
re
fantasy
, così pregno di connotati legati all’illusione e al fantasma; e anche in
questo caso si è costretti a usare lo stesso termine per «fantasia», «immagina­
zione», «immaginare». Vico sostiene che la sinonimia tra Fantasia e Ingegno na­
sca nel Medioevo («a’ tempi barbari ritornati fu detta ‘fantasia’ per ‘ingegno’»);
ma rispetto al pensiero antico si verifica una separazione sostanziale tra Inge­
gno e Fantasia, nel senso che vengono separate le funzioni del sentire e del giu­
dicare. Come ricorda Battistini, l’accostamento possibile è qui con Spinoza e
Locke -
wit
e
judgem en t
-, ma certo rinvia anche alla retorica classica in am­
biente barocco, dove appare normale la complementarietà tra ingegno, giudi­
zio e intelletto.
‘Ingenium’, così come Ingegno in italiano, è una di quelle parole difficili da
rendere in maniera unitaria e univoca per il traduttore vichiano e non vichiano,
perché è comprensivo di troppe accezioni; così come già segnalava Fisch men­
tre era impegnato a tradurre in inglese
XAutobiografia
vichiana, solo in latino è
sempre
ingenium
, a volte anche quando significa
inventio
o specificamente
ars,
e Vico ne mutua questo senso latino. Pons traduce «fantasia» con «imagination»
ponendo tra parentesi il termine italiano, attingendo a quanto sia lecito consi­
derare i termini phantasia/imaginatio come sinonimi, in quanto nomi greco e
latino della stessa facoltà, o come parole da tenere distinte, in quanto defini­
scono diverse potenze dell’anima. Nella prima delle
Orazioni inaugurali
Vico,
nel fornire una definizione della Fantasia, la chiama «vis (...) illa rerum imagi­
nes conformandi, quae dicitur phantasia» (G.
VICO,
Orazioni inaugurali. I-VI,
Napoli, 1982, p. 82). Il curatore dell’edizione critica italiana, G. G. Visconti, ri­
corda che Vico si riprometteva di usare il termine greco (pavxaoia e poi, cor­
reggendo il manoscritto, rinunciò alla parola greca e aggiunse di suo pugno il
termine latino
phantasia (ibid.,
pp. 41-42). La lessicografia sei-settecentesca, nel­
la quale Vico maturò le sue idee, conferma l ’equivalenza tra ‘fantasia’ e ‘imma­
ginazione’. Tale questione si porrà di continuo nella filosofia medioevale, rina­
scimentale e moderna, di cui si tratta anche nei lessici seicenteschi, generalmente
allineati alla posizione scolastico-tomista secondo la quale i termini sono sino­
nimi (cfr.
Phantasia/imaginatio,
a cura di M. Fattori-M. Bianchi, Roma, 1988).
In senso generico Fantasia equivale a
Imaginatio,
dato che il primo termine
è traslitterazione dal greco, il secondo la traduzione emersa dopo la più antica
versione di
Visio-,
in senso specifico
Imaginatio
è la facoltà che ritiene le forme
raccolte dal
sensus communis
e la Fantasia la facoltà che ricompone i fantasmi
ritenuti dall
'Imaginatio
(la prima fornisce uomo e cavallo, la seconda il centau­
ro, quindi la seconda può sbagliare di più). In origine
phantazestai, phantasis
e
phantasma
non sono connessi con l’inganno, ma sono la condizione di verità ed
errore. Questo testimonia ancora una volta come la teoria della conoscenza si
avvalga di un solido lessico filosofico, comune a tutto il Sei-Settecento, lessico
che trova il suo senso forte, il suo senso «moderno», nella difficoltà di coniare
termini nuovi, e insieme nel tentativo, «nuovo» nel suo genere, di risalire alla
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