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RECENSIONI
sua principia», reso da Carlo Sarchi (G. VICO,
Opere giuridiche,
a cura di P. Cri-
stofolini, Firenze, 1974, p. 118; d’ora in avanti
OG)
con «La storia manca an­
cora dei suoi incominciamenti». Nella Pinton-Diehl la traduzione diventa «Hi-
story has not yet found its guiding principies» (p. 76). Il divario è tanto netto
quanto sostanziale; il tema assai delicato è, ovviamente, la resa di
principium.
Tradurlo con
guiding principle
ne evidenzia il valore fondativo,
principiale
(se­
condo l’accezione scotistica), e al tempo stesso ne marca la distanza da un lem­
ma come
initium
(inizio in senso temporale): per la teologia cristiana, fatta ec­
cezione per alcune varianti ereticali, il
tempo
del
principium
non partecipa del
tempo storico, anzi vi si oppone, essendo eterno, incorruttibile, impassibile. La
soluzione adottata da Sarchi, al contrario, situa
principium
nel divenire. A pri­
ma vista, si sarebbe portati a dar ragione ai traduttori americani, soprattutto se
si considera che il Vico della
Scienza nuova
, oltre a disporre di entrambi i lem­
mi (
principio
e
incominciamento)
, non li reputa affatto intercambiabili, come si
evince da questa citazione: « (...) per sapere con iscienza quest’importante Prin­
cipio, dove, e quando egli ebbe i suoi primi incominciamenti nel Mondo» (
Sn44
,
p. 43 della ristampa anastatica curata da Veneziani = p. 460 dell’edizione Batti­
stini). E bene notare, peraltro, a conferma del terreno malcerto su cui ci si muo­
ve, come la Bergin-Fisch (p. 33 dell’edizione 1968) renda i due termini rispet­
tivamente con
starting-point,
che ha una valenza molto più blanda rispetto a
principle,
e con
beginning.
La divergenza si accentua nel capoverso di apertura del medesimo paragrafo
del
De uno-,
« (...) historia nondum sua hactenus haberet principia, quae non
alia sane forent quam res gestae temporis obscuri», tradotto da Sarchi con «man­
cano alla storia i propri suoi originari incominciamenti, che altra cosa non deb­
bono essere, se non i fatti avvenuti nei tempi oscuri», e da Pinton-Diehl con «hi-
story had not hitherto found its own principies. These principies, however,
could not be found in any other way than in thè scrutiny of thè things accom-
plished during thè Dark Time». In questo caso, la versione italiana appare co­
me un calco dell’originale (fuorché per
temporis obscuri
vólto al plurale); l ’in­
glese si rivela senza dubbio più libera, facendo registrare un intervento sul te­
sto vichiano che, in seguito all’aggiunta dei traduttori, risulta così modificato:
«la storia non ha ancora ritrovato i suoi propri principi. Questi principi, tutta­
via, non potrebbero essere ritrovati in nessun altro modo se non attraverso l’e­
same puntuale delle cose accadute durante il Tempo Oscuro».
Non si tratta, a ben vedere, di un’integrazione dettata dall’esigenza di mi­
gliorare la leggibilità del brano, di per sé già lapidario nella stesura originale e
dunque più docile di altri alla mediazione linguistica. È il segno, piuttosto, di
un problema ermeneutico insidioso, il sintomo della difficoltà di risolvere un’a-
poria. In questione è la coerenza del secondo segmento del brano, nel quale i
principia
della storia sono ridotti (Vico non potrebbe essere più univoco: «non
alia sane forent quam») alle
res gestae
del Tempo Oscuro, con il primo segmento
che, nell’interpretazione di Pinton e Diehl, pone i principi come le proposizio­
ni fondamentali di una scienza.
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