RECENSIONI
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Ai traduttori americani non dev’essere certo sfuggita l’eterogeneità fra la sto
ria come
materia
di scienza e la storia come scienza; né sarà sfuggito che il pro
blema di Vico appare essere, nel brano in questione, quello dei fatti originari, del
le
Urszenen,
della storia. Come uscire, allora, dall’aporia? Rivedendo il senso com
plessivo del brano; immettendo un elemento di «mediazione» nella sequenza ar
gomentativa: l’esame minuzioso (il primo intruso è dunque lo «scrutinio»,
scru-
tiny)
dei fatti ad opera della scienza. Pinton e Diehl ci dicono che i principi si
ri
tmavano
(il secondo innesto è 1
’euresis,
1’
inventio: tofind)
interrogando le
resge
stae.
Ma
come
interrogare i fatti? Come materia di scienza, la storia deve avere un
incominciamento
nel tempo. Tuttavia, quest’
incominciamento
si rende intelligibi
le, disponibile alla scienza, solo sulla base (sul
presupposto)
di principi stabili che
a loro volta orientino (
guidingprincipies:
principi direttivi) l’interrogazione dei fat
ti, altrimenti muti, inaccessibili nella loro distanza; ossia solo a condizione che l’og
getto d’indagine sia ricomposto entro un
ordo rerum
, entro un orizzonte di com
prensione: la
storia idealeeterna.
Ma questa che i traduttori proiettano sul
Deuno
è una suggestione potentissima, un’interferenza, della
Scienza nuova.
Se è così, se siamo di fronte a una scelta ermeneutica che investe Vico ben
oltre la prospettiva del
Diritto universale,
è lecito domandarsi quale rapporto
quest’interpretazione «estensiva» intrattenga con le traduzioni di contesti omo
loghi della
Scienza nuova.
Il passo che presenta le maggiori affinità con quello
finora discusso è
Sn44,
libro II (p. 133 Veneziani = p. 564 Battistini): « (...) e
quest’ esser’ i
Principj della Storia Universale,
la quale sembra ancor mancare
ne’ suoi Principj». Bergin e Fisch traducono diligentemente, senz’apportare va
rianti di qualche spessore, perché qui non c’è traccia del «dislivello» che Pin
ton e Diehl credono di riscontrare e di dover colmare nel
De uno:
«which we
shall show to be thè principies of universal history, which principies it seems
hitherto to have locked» (p. 112).
Nettamente diversa, e ben più problematica, la soluzione di Vittorio Hòsle
e Christoph Jermann: «und diese sind die Anfànge der Universalgeschichte, die,
was ihre Anfànge betrifft, noch mangelhaft zu sein scheint» (
Prinzipien einer
neuen Wissenschaft ùberdiegemeinsameNaturder Vólker,
Hamburg, 1990, Bd.
2, p. 165). Lo scarto è immediatamente percepibile. Rendendo
principioconAn-
fang
(inizio, incominciamento), non, come in altri luoghi del testo, con
Prinzip,
la versione Hòsle-Jermann compie il cammino inverso rispetto alla Pinton-
Diehl: interpreta la
Scienza nuova
alla luce del
De uno.
E lo fa con una consa
pevolezza e una sottigliezza anche eccessive, non resistendo alla tentazione di
risolvere, hegelianamente,
Prinzip
in
Anfang-,
il che tuttavia potrebbe risultare
fuorviarne per il lettore di lingua tedesca, indotto a declassare un problema epi
stemologico a mera
Datierungsfrage
(è il rischio avvertito da Nicola Emy,
Theo
rie undSystem der
Neuen Wissenschaft
von Giambattista Vico. Eine Untersu-
chung zuKonzeption undBegrùndung,
Wiirzburg, 1994, p. 24 n. : «Dal? Hòsle
in diesem Textabschnitt
principi
nur mit
Anfànge
iibersetzt, halte ich insofern
fùr mifiverstàndlich, als hierdurch der Eindruck entstehen kann, als handele es
sich lediglich um Datierungsfragen»),