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RECENSIONI
Ho tanto insistito su quest’unico esempio, che rappresenta una deroga al ca
none della deferenza al testo, non per marcare un eccesso di discrezionalità e di
unilateralità della Pinton-Diehl (la pratica della traduzione non è mai neutrale),
ma piuttosto per ricercarne la logica interna.
Quanto alla resa linguistica e terminologica degli inserti giusromanistici nel
la trama discorsiva vichiana, gli scogli da superare sono molteplici, perché alla
diversità dei codici linguistici si associa quella delle tradizioni giuridiche. Eb
bene, qui la Pinton-Diehl per molti versi segna un progresso rispetto alle pre
cedenti traduzioni del
Diritto universale
; e di quest’apporto si gioveranno tutti
gli studi vichiani, non solo quelli di lingua inglese. Esaminiamo innanzitutto al
cuni degli aspetti più persuasivi della Pinton-Diehl, assumendo come modello
di riferimento la già citata traduzione dei
Digesta.
Un primo esempio in tal senso è dato dalla resa della celebre massima ul-
pianea (Ulp. D. 1. 3. 31) del principe come
legibus solutus
, destinata a diventa
re il cardine dell’assolutismo moderno. Sarchi la traduce con «non in virtù del
le leggi»
(Du,
cap. CHI, in
OG,
p. 117), che ne sfuma non poco l’intensità, non
riuscendo a restituire l ’idea dello scioglimento del potere sovrano da qualsiasi
vincolo di carattere legale. Senz’altro più efficaci Pinton e Diehl: «free from thè
restrictions of law» (p. 76). Altrettanto efficace e più letterale la soluzione adot
tata da MacCormick
(TheDigest ofjustinian,
cit., voi. I, p. 13): «not bound by
statutes», che veicola proprio l’immagine del
bind
(legame) da cui il
princeps
è
svincolato,
solutus.
Un altro dato, di rilievo anche maggiore, emerge dal confronto con la tra
duzione dei
Digesta: lex
diventa
law
nella Pinton-Diehl,
statute
in MacCormick,
che invece traduce
ius
con
law,
qualora il termine designi il
diritto oggettivo
(co
me ad esempio nei titoli primo e secondo del libro primo,
De iustitia et iure
e
De origine iuris,
resi rispettivamente con
Justice and law
e
Origin oflaw),
o con
right,
nel caso in cui
ius
denoti un diritto soggettivo, una «signoria giuridica» su
persone o su cose. Ricalcato fedelmente sul dualismo vichiano di diritto e leg
ge, lo schema bipartito della Pinton-Diehl
(right-law)
identifica con
law
la sola
legge positiva e, di conseguenza, espande la gamma semantica di
right.
Nella tri-
partizione di MacCormick (
right-law-statute
), all’opposto, è
law
ad assumere
una valenza più generale, mentre l’accezione più ristretta è riservata a
statute,
che esprime il carattere scritto e formale della legge. Istituendo una polarità mol
to marcata fra diritto codificato e diritto consuetudinario (e giurisprudenziale),
questa traduzione attualizzante ha il pregio di risultare immediatamente com
prensibile in un contesto di
Common Law.
Tuttavia, denotando la legge come
documento legislativo piuttosto che come
iussum
(ordine coattivo di un singo
lo o di un’assemblea) e non riuscendo a rendere ragione dell’originaria forma
orale della legge, la voce
statute
s’intona forse più con la distinzione tra
iusscrip
tum
e
ius non scriptum
che con quella tra
ius
e
lex.
Passiamo ora al campo semantico del
potere.
Se il lemma
potestas
è solita
mente tradotto, alla maniera hobbesiana, con
power (patria potestas
=
paternal
power, potestas infinita
=
limitlesspower)
e più raramente con
authority
(nel ca