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RECENSIONI
Ferrater Mora, importante storico spagnolo della filosofia, esiliato in Messico a
partire dalla Guerra Civile.
Abbiamo lasciato per ultimo il vero e proprio saggio introduttivo: «La au­
tobiografia de G. Vico. Claves para una lectura», diviso in sei sottocapitoli, un
accorto e perspicace studio della Metafisica di Vico, ricco per profondità e chia­
rezza e punto di riferimento per i futuri lavori su Vico in castigliano.
Gonzàlez Garda e Martinez Bisbai dedicano le prime pagine ad un’impor­
tante questione etimologica: i limiti e i tipi del genere autobiografico; questio­
ne molto discussa nella cultura attuale, ma più rara nel secolo XVIII e meno ca­
ratteristica di quell’epoca, quando la storia della ragione e delle idee lasciavano
meno spazio di oggi alla presenza e all’interesse per l ’io, per la coscienza indi­
viduale, per quel complesso di elementi materiali e metasensibili, razionali ed
intuitivi, collettivi e personali, ereditari e volitivi.
In questo senso, l’Opera di Vico non corrisponde all’interpretazione che
dello stesso diede Croce quando affermava che l
’Autobiografia
è, nel comples­
so, l ’estensione della
Scienza nuova
alla biografia dell’autore; ma, come oppor­
tunamente commentano Gonzàlez Garda e Martinez Bisbai, tale affermazione
risulta un «lugar comun que conviene reexaminar liberado de la poderosa in-
terpretación croceana que la integraba en su historicismo absoluto». Non man­
cano passi in quest’opera di Vico, osservano gli autori, che potrebbero legitti­
mare tale interpretazione, come quando il filosofo napoletano «usa repetida-
mente la analogia entre la infancia de la humanidad y la infancia de los indivi­
duos, entre el despliegue histórico de la razón y su desarollo en cada sujeto».
Tuttavia, il dramma della vita, il tormentoso dubbio vichiano prima di accetta­
re di scrivere la sua biografia, le peripezie narrate e la lotta per l’esistenza vin­
cono non solo la sfida contro la storia esemplare ed edificante propria dell’e­
poca, ma anche l’altra, quella della perdita del soggetto nel permanente diveni­
re della storia in un processo onnicomprensivo e disposto ad assorbire, nell’ in­
differenza della storia delle idee, il dramma della persona in carne ed ossa.
L’autobiografia vichiana, per il suo intrinseco portato teologico - il compi­
mento dei disegni della Provvidenza ed il limite del peccato come contrapposi­
zione tra il processo universale ed il personale - annuncia, senza rompere con la
tradizione, una novità nel genere biografico, tale da proporre la validità e la ric­
chezza del genere nella cultura contemporanea della vecchia Europa. Natural­
mente sarebbe eccessivo se gli autori del lavoro fin qui commentato e noi stes­
si ci sbilanciassimo in considerazioni relative all’attualità dell
’Autobiografia
vi­
chiana all’interno di questo genere letterario nelle sue attuali modalità. Esisto­
no ancora tentativi volti ad accomunare da una parte Provvidenza divina e azio­
ne umana e, dall’altra, ad applicare i princìpi della
Scienza nuova
alla vita per­
sonale dello stesso Vico.
Ad ogni modo, nonostante Vico usi la terza persona nel parlare di sé, filo­
sofo della
Scienza nuova
, e malgrado la sua formazione scolastica, conosce a suf­
ficienza la modernità da Descartes in poi da riconoscere l ’importanza della tem­
poralità, delle circostanze culturali, scientifiche e personali e, soprattutto, del
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