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RECENSIONI
in tema di ‘immaginazione’: un argomento che il filosofo napoletano, nelle sue
elaborazioni più mature, considera una sorta di costante nella polemica anti
cartesiana; ma proprio Descartes - rammenta Carillo - reputa l’immaginazione
«la partie de l’esprit qui aide le plus aux Mathematiques» (pp. 31-32: si veda
ora l’ampio saggio introduttivo di Nicola Panichi a M.
DE MONTAIGNE,
Ilim
maginazione,
tr. it. Firenze, 2000).
Una prima traccia per l’interpretazione del sistema vichiano, inteso nel suo
concreto e progressivo farsi, è costituita dall’impiego di ‘Descartes contro De
scartes’ nella costruzione dell’opposizione dialettica storia/scienze. Come già un
trentennio fa notavano Mondolfo e la Donzelli, Vico risulta debitore dell’em
pirismo galileiano, e anche in questa chiave si propone di ridiscutere la peren
toria affermazione cartesiana, contenuta nella terza delle
Regulaead,directionem
ingenii
, «non scientias videremur didicisse, sed historias» (pp. 50 e 57). Di re
cente Gino Benzoni, esaminando la biblioteca galileiana degli anni veneti, ha ri
levato come essa mostri di comprendere sì testi di letteratura, ma non opere sto-
riografico-politiche: una sorta di divaricazione, nelle opzioni dello scienziato,
rispetto ad una cultura che mirava alla costituzione di un’attrezzatura politica e
che vedeva la letteratura e le scienze come un avviamento preliminare (
Del dia
logo, del silenzio e di altro,
Firenze, 2001, pp. 109-110). Una tale scissione era
avvertita come necessaria da un intellettuale della levatura di Paolo Sarpi: ne
cessaria e dolorosa ad un tempo, come segnalava il servita, nella lettera a Gia
como Badoer della primavera 1609, scrivendo di aver dovuto abbandonare le
osservazioni astronomiche «da quando attendo a queste canzoni politiche» (cfr.
P.
GUARAGNELLA,
Laprosa e il mondo,
Bari, 1998, pp. 49-93).
Qui si intrecciano due percorsi relativi al legame tra linguaggio e filosofia
nel Seicento europeo: da un lato la necessaria identificazione di alcuni
topoi
ca
ratteristici della tradizione scettica come fonte gnoseologica del primo Descar
tes, dall’altro il nesso tra
ordo
ed enciclopedia barocca dei saperi. Vico intende
sfatare un luogo comune sia antico che moderno: « l’essere il sapere storico non
metodico e come tale non scientifico» (p. 149).
Sul primo versante possiamo agevolmente tornare a quel complesso intrec
cio di cultura antica e moderna, costituito dagli
Essais
di Montaigne con la lo
ro prosa dallo straordinario fascino ibrido. In un passo del libro tredicesimo e
conclusivo, lo scrittore francese segnala, a proposito di Giulio Cesare, che la vi
ta dei grandi uomini non risulta per noi più ricca di esempi di quanto non lo sia
la nostra propria: una riflessione che Paolo Sarpi,
protos euretes
italiano di Mon
taigne, non mancò di fare propria in uno dei suoi
Pensieri medico-morali.
Ma la
prosa saggistica prosegue con un avvertimento dal sapore cartesiano e in qual
che misura antistoricistico: non giova fidarsi degli esempi e delle tradizioni, per
ché già in passato queste fonti hanno ingannato il nostro intelletto e non sareb
be opportuno fidarsene ancora. Proprio le
Regulae
cartesiane, avvalendosi del
la medesima struttura sintattica, ammoniscono contro la fiducia nei sensi, che
già una volta ci hanno ingannati e potrebbero trarci nuovamente in errore. Co
me si vede il percorso critico, unitario presso Montaigne, si diparte lungo di-