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RECENSIONI
folio, intitulé Apokatastasis pantwn ou de la restitution des toutes choses; ce li-
vre est fait avec beaucoup d ’erudition et de jugement» (p. 39). Leibniz recupe­
ra e ridisegna il tema delTorigenismo teologico, riproponendo la concezione ci­
clica del ritorno dell’eguale di stampo stoico, e attingendo a una tradizione che
non è solo quella atomistica, da Democrito a Gassendi, ma in larga misura an­
che quella mistico-cabbalistica.
L’esemplificazione che propone Leibniz su questo tema è espressa con suf­
ficiente chiarezza in un’affermazione decisiva e non priva di complicazioni. «Se
ora si suppone che il genere umano perduri nello stato in cui attualmente si
trova sufficientemente a lungo, ovvero che fornisca materia alla storia, si ren­
de necessario che giunga un tempo in cui la vita dei singoli relativamente a un
interno anno ritorni minuziosamente, secondo le medesime circostanze» (p.
15), brano che risulta monco dell’estensione proposta nella prima versione del
frammento, e poi eliminata, vale a dire: «Io stesso, per esempio, dimorante in
una città chiamata Hannover, situata presso il fiume Leine, impegnato nella
storia di Braunschweig, scrivendo lettere agli stessi amici, con gli stessi conte­
nuti» (pp. 28-29). L’imponente progetto di costruzione di un Libro della na­
tura si applica ugualmente all’
Historia privata
come a quella
publica,
e i passi
espunti o aggiunti tra le due versioni del frammento dimostrano con vivacità il
passaggio da una postulazione addolcita del ritorno ciclico alla subordinazio­
ne della combinatoria alle condizioni metafisiche. Possibilità e necessità si sfi­
dano ora su un territorio determinante: il ritorno non è necessariamente di tut­
te le cose, ma si verifica nel rispetto delle circostanze e delle possibilità. Cioè
di fatto si può dire allo stesso tempo senza entrare in contraddizione, che «con
il semplice calcolo non può essere dimostrato con precisione il ritorno di Leo­
poldo I o di Luigi XIV, oppure il mio o di un altro individuo particolare; poi­
ché, per quanto alcuni altri si ripetano più volte, non è necessario che tutti si
ripetano» (p. 15). Bene commenta il curatore, precisando che «Leibniz, evi­
dentemente, nella sua
Aneignung,
si muove con grande libertà ermeneutica sul
crinale dei due significati di «a7toKaTocaTaai0»: quello ‘greco’ di ripetizione
dei cicli cosmici, singolarmente contaminato con la teoria atomistica e alla fi­
ne rigettato, e quello ‘origeniano’ di ristabilimento finale della creazione spiri­
tuale decaduta (demoni compresi) nella condizione primitiva di integrità, in
forza di una progressiva
emendatio
al termine del quale ‘Dio sarà tutto in tut­
ti’» (p. 61).
Si può pensare che «il genere umano non rimarrà per sempre in tale stato,
poiché non è conforme all’Armonia divina variare sempre sulla stessa corda. Ed
è lecito credere piuttosto che, secondo le ragioni naturali della congruenza, le
cose, a poco a poco o talvolta anche mediante salti, debbano progredire verso
il
meglio. Per questo, in effetti, le cose paiano spesso volgere al peggio, è da ri­
tenere che questo accada perché talora regrediamo al fine di saltare con mag­
giore impeto» (p. 19). La formulazione dell’individualità storica nella sua veste
privata e pubblica viene considerata nel frammento in tre formule essenziali,
che costituiscono di fatto quella
lex continui
che caratterizza più di ogni altra
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