INVENTIO
E VERITÀ NEL PERCORSO VICHIANO
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l’uomo, oltre ad esercitare il riso, può vestire i panni del derisore, cioè è
addirittura capace di indurre il riso, posizione gravemente giudicata sul
piano morale da Vico. Mentre ridere è ancora un’azione che distingue la
razionalità, produrre il riso, distoreere volutamente la verità del reale è
un’azione da condannare risolutamente.
A differenza del comico, che denuncia per Vico una forma di debo­
lezza, di fragilità psicologica e cognitiva, l’ironia, nella definizione di
Sn44,
«ella è formata dal falso in forza d’una riflessione che prende ma­
schera di verità»37, e viene fatta risalire a un’epoca umana più matura,
dal momento che il falso per i primi uomini non esisteva in quanto tale,
e le favole costituivano esempio di assoluta verità. I sentimenti dei primi
uomini sono sentimenti poetici, perché spiegati attraverso i sensi e non
analizzati attraverso la ragione. Quando, nella
Sn25,
Vico riflette sul fat­
to che «gli uomini ignoranti delle cose, ove ne vogliono far idea, sono na­
turalmente portati a concepirla per somiglianze di cose conosciute, ed
ove non ne hanno essi copia, l’estimano dalla loro propia natura»38, de­
scrive il meccanismo della facoltà ingegnosa, che tende a procedere per
elaborazione di somiglianze utilizzando la tecnica del
Xinventio
che non
funziona più qui come
ars
scopritrice di verità, quanto piuttosto di ap­
prossimazioni, verosimiglianze che si avvalgono anche di un materiale
interno, insito nella natura umana, dell
'inventio
in quanto ricerca del ri­
cordo momentaneamente obliato. L’immaginazione, strumento dell’in­
gegno, non fa, ma configura le cose, conferisce loro delle immagini e le
offre all’intelletto. L’utilizzazione, che Vico espone nel rispondere all’o­
biezione mossagli sul «Giornale de’ letterati»39, del duplice significato
del termine latino
inventio
, tra
invenire
e
inventio
, tra ritrovamento e in­
venzione, tra memoria e fantasia, è correlato con il nesso ‘immaginazio-
ne’-‘memoria’: è per ciò stesso che per i Latini ingegno e memoria sono
sinonimi, in quanto assumono la duplice possibilità di scoprire ricor­
dando.
Alle bestie, però, manca il senso del riso, «perché hanno un’unica ca­
pacità percettiva con la quale rivolgono volta per volta la loro attenzio­
ne a singole conoscenze, ciascuna delle quali viene allontanata e vanifi-
37 Ediz. Battistini, cit., p. 591.
38 Ediz. Battistini, cit., lib. Ili, cap. III, p. 1105.
39
Risposta di Giambattista Vico all’articolo X del tomo Vili del «Giornale de’ letterati d’I­
talia»,
in
Opere,
a cura di F. Nicolini, Milano-Napoli, 1953, pp. 340-341: «Quello, che da noi
diciamo ‘immaginare’, ‘immaginazione’, pur da’ latini dicevasi
'memorare'
e ‘
memoria
’; onde
comminisci
e
commentum
significano ‘ritrovare’ e ‘ritrovato’ o ‘invenzione’. E pure l’ingegno
è il ritrovatore di cose nuove, e la fantasia o la forza d’immaginare è la madre delle poetiche
invenzioni».
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