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RECENSIONI
Muratori etico-politico oppone alla
modernizzazione
sociale, ossia il tema della
charitas,
non rappresenti oggi il segreto motore della ricerca della Continisio, la
sua
ratio
intellettuale e, se ci è permesso dire, etica.
Una cosa è riconoscere
Xautonomia
della giustizia, altra cosa è affermarne la
generale
sufficienza
sociale. Se la giustizia è critica laica del regime della
pru­
dentia,
la
charitas
funge in Muratori da metacritica religiosa della giustizia. La
distinzione muratoriana fra una
humana societas
da ordinarsi secondo giustizia
e una
societas christiana
il fondamento del cui
ordo
non toglie alla giustizia, ma
sovraggiunge valore (e sistemi) della
charitas.
Esemplare, in tal senso, il rapporto
fra Muratori e l’aristotelismo: il modenese non è interessato al problema del giu­
dizio morale (per il quale l’aristotelismo passa in verità discretamente indenne
attraverso il moderno, attraverso il probabilismo cattolico e poi quello lockia-
no), ma di Aristotele si serve per interpretare e assumere il sistema della
chari­
tas
come appartenenza ad una zona di solidarietà che riconosce la modernità
dello scambio e la sua autonomia (anche qui lockianamente, è la società natu­
rale con le sue forme: la politica e il mercato, le istituzioni giuridiche e ammini­
strative), né se ne pretende fondatrice, ma ne ricusa l’esaustività
etica
e soprat­
tutto, ciò che
Xosservazionemorale
dei seicenteschi e tutta la cultura barocca era
lì a documentare, l’esaustività nei confronti dell’esperienza vitale umana. La me­
tacritica della giustizia si profila così come una metacritica illuminata del mo­
derno.
Muratori è insomma in linea con il ripensamento seicentesco delle apparte­
nenze, rispetto al quale il pensiero muratoriano si impone per il tono di più ro­
busta e limpida razionalità della sua riforma dei costumi. Ma non è affatto un
caso che anche per Muratori presupposto originario di ogni antropologia poli­
tica sia
Xappetitus societatis.
Non c’è socialità naturale, non c’è forma che inter­
preti in modo corrispondente e adeguato una naturalità del rapporto sociale.
Lungo questo percorso l ’uomo non è più il
politikon zoon
aristotelico, ma di­
venta animale
sociabile,
che nell’associarsi porta indelebile il segno del
Xamor
sui.
Ora, che il tema dell’amor proprio, quale movente emotivo originario del-
l ’agire individuale, non sia riconducibile al ristretto della sfera etica, ma sia pro­
blema costitutivo della
fondazione
della vita associata è naturalmente consape­
volezza che la cultura europea aveva acquisito non solo prima di Muratori, ma
ben prima dello stesso Hobbes. Ma ricostruire la crisi deU’aristotelismo politi­
co (e dell’umanesimo civile quattrocentesco, che da quello mutuava «l’idea del­
la spontanea conciliazione del bene del singolo con il bene comune, frutto non
solo dell’armoniosa coincidenza tra interessi ‘privati’ e ‘pubblici’, ma anche del
rapporto organico che lega individuo e comunità in un inestricabile rapporto di
reciproca attribuzione di senso», p. 144) attraverso la passione dell’ego e del
moltiplicarsi delle pretese irriducibili a comune misura degli individui alla con­
servazione propria e al proprio bene, impone di ripercorrere la complessa vi­
cenda (solo per limitarci
al punto di vista
più marcatemente italiano di quella
crisi della coscienza europea
che è categoria in verità o da retrodatare o da ridi­
scutere a fondo) della ricezione cinque-seicentesca dei
Discorsi
di Machiavelli,
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