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MANUELA SANNA
cata da una diversa conoscenza che si presenti all’animale»40, e per que
sto si può dire che sono prive della ragione41. Il tema classico della ra
gione - giova ricordare che nel cap. X II del
De uno
Vico afferma che «la
superiorità dell’uomo [sulla bestia] gli proviene dalla cognizione; dun
que l’uomo avanza ogni altro animale in causa della ragione»42 - , che
rende l’uomo una creatura superiore, posizione che sostiene la tesi del
la sinonimia tra «natura» e «ingegno»: «forse perché la natura umana è
caratterizzata dall’ingegno, a cui è proprio - facoltà negata ai bruti - ve
der la simmetria
{rerum commensus)
delle cose, quale sia idonea, quale
conveniente, quale onesta, quale turpe»43. L’ingegno scorge i rapporti di
somiglianza fra le cose e le bestie sono prive di questa possibilità, perché
questi rapporti di somiglianza all’uomo sono necessari per soddisfare i
bisogni della vita e devono trovare un proprio spazio tra quel che i sen
si manifestano e le necessità da soddisfare. È proprio per questo che l’in
gegno è una primaria facoltà intellettiva che si sviluppa a partire dall’e
sperienza della selva originaria44 ed è sempre per questo che si unisce in
timamente all’operazione successiva dell’agire. Questa
rerum commen
sus
è impiegabile tanto nelle operazioni cognitive quanto nelle opera
zioni morali, ha cioè una valenza che caratterizza tutta la sfera dell’agire
umano; in questo caso Vico utilizza il concetto poetico-retorico di inge
gno (la capacità di produrre effetti) non tanto contrapposto, come mol
ta critica ha fatto notare, quanto antecedente a quello di giudizio (la ca
pacità di applicare tali effetti). Questo perché l’ingegno fonda il senso
comune, o meglio, le somiglianze che tramite l’ingegno vengono scorte
e portate alla luce generano il senso comune.
Questo distorcimento della reale natura delle cose, questa deforma
zione del vero è stata espressa con le favole anche dai poeti, «i quali, poi
ché la natura degli uomini così fatti sta quasi a metà strada tra quella
umana e quella bestiale, hanno rappresentato con l’aspetto di satiri co
loro che ridono sconsideratamente e senza misura»45. La raffigurazione
del satiro all’interno di questa digressione sul riso non è di scarsa im
40
Vici vindiciae,
cit., p. 65.
41 Cfr. anche
Sn25,
cap. 555, proveniente da Arist.,
De an.,
Ili 10, 433b 29-30 e III 11,
434a 5-11.
42 G.
B.
Vico,
De uno,
in
Opere giuridiche,
a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974, p. 46.
43
De ant.,
116.
44 E.
GRASSI,
La facoltà ingegnosa e il problema dell’inconscio. Ripensamento e attualità di
Vico,
in
Vico oggi,
Roma, 1979, dove si puntualizza che perciò stesso «il mondo umano non
nasce dunque da una deduzione razionale da principi primi, ma da un realizzantesi atto in
gegnoso costantemente impegnato in situazioni concrete» (p. 127).
45
Vici vindiciae,
cit., p. 67.