RECENSIONI
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dell’empatetico
Verstehen.
Ma soprattutto essa appare nella sostanza ineccepi
bile sul piano metodologico, nel sostenere che la rivendicazione di forti elementi
di originalità (non disconosciuti nel caso di Vico, magari combinati ad ‘interes
si tradizionali’), non deve condurre lo storico a collocare un pensatore fuori del
suo tempo, attribuendogli l’anticipazione di interessi, problemi, entusiasmi, lon
tani dal suo «sistema intellettuale», e invece, come nel caso delle stesse letture
di Vico fornite da Croce o Berlin, propri piuttosto del Novecento (p. 8). Que
sta stessa prospettiva metodologica - se problematicamente praticata nell’otti
ca della
Rezeptiongeschichte,
o
Wirkungsgewschichte,
delle idee - permette di
spiegare agevolmente interpretazioni, quali quella di Michelet, di «romanticiz-
zazione» di Vico. E tuttavia quando il discorso di Burke si spinge entro l ’ap
passionante tema del perché proprio Vico, rispetto a tanti suoi illustri contem
poranei, abbia mosso a tanto lavoro reinterpretativo, le ipotesi di risposta risul
tano meno soddisfacenti, a parte la loro necessaria sinteticità (Vico uomo del
Settecento, ma non illuminista, «post-cartesiano» in quanto «pre-cartesiano»).
E la ragione, probabilmente, non è solo di ordine interpretativo, ma anche teo
rico-metodologico, investendo più grossi nodi del problema del rapporto dello
storico con l ’evento della ‘discontinuità’ nella storia del pensiero: evento che più
volte, se non costitutivamente, rivela un suo grado di resistenza al compito del
lo storico di ‘contestualizzare’. Nel caso di Vico non deve essere un caso che
questa collisione si sia prodotta con maggiore frequenza e vigore. E ciò appare
anche a chi condivida l’obbligo normativo dello storico di non ridurre aposte-
rioricamente T'altro’ a sé, proprio per potere meglio valutarne e fame propri i
lasciti nella ‘distanza’ da sé. Forse perché ciò che connota la straordinaria ca
pacità di innovatività della riflessione vichiana è che - pur muovendosi sul ter
reno di interessi (a mio avviso ancora fortemente metafisici) e di materiali per
molti versi largamente ‘tradizionali’ - produce elementi di marcata innovatività
non sporadici, ma compresi in un organico disegno complessivo. Ma tutto ciò
è materia di un discorso, in primo luogo di ordine teorico, che non può non ac
compagnare il complesso del lavorio ermeneutico attorno a Vico, ma va ora la
sciato da parte.
A riprova dell’interesse di un intreccio tra letture di Vico e storia delle let
ture di Vico, nella visuale di una consapevole «storia della recezione» delle idee,
si può leggere con profitto il saggio di J.
MALI,
Sensus communis and Bildung:
Vico and thè Rehabilitation ofMyth in Germany
(pp. 11-33). Nel sobrio, equi
librato, libro del 1992,
The Rehabilitation ofMyth: Vico’s
New Science, Mali
aveva proposto quella riabilitazione come essenziale luogo e cifra interpretati
va della riflessione vichiana, nonché suo lascito vitale nella sfera dei saperi del
mondo umano. Successivamente - come attesta in ispecie un saggio del 1997
sui «German Mythologists» - l’ha riproposta come chiave per intendere e rico
struire il configurarsi e l’affermarsi di una serie di interessi novecenteschi alla
lettura e reinterpretazione di Vico in genere negletti: tra questi in particolare
quelli relativi a tendenze nettamente ‘regressive’, neoconservatrici, pure di di
chiarata ispirazione fascista e nazista (anche se all’A. sarebbe stata utile la fre