RECENSIONI
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Ebbene, Vico fu capace di intendere il ruolo originariamente assunto dalle
immagini nell’incarnare l ’esperienza comune e la conoscenza collettiva degli uo­
mini dei primi tempi, quando dal corpo si originava qualsiasi forma di linguag­
gio e di pensiero: un tipo di conoscenza concretissima pressocché impossibile
da intendere nei tempi della moderna mentalità razionale, dopo il processo di
disincarnamento delle immagini nel passaggio alla parola. Inoltre Vico rico­
nobbe la centralità di materiali ‘elementi visuali’ (come gli emblemi), ‘orna­
mentali’, relegati ai margini nella tradizione della storia dell’arte. Perciò «il va­
lore che egli assegna alla sapienza poetica e l’accento posto sul potere dell’im­
magine di creare significati di tenore collettivo offre stimolanti possibilità per la
comprensione di tradizioni diverse da quelle occidentale e classica» (p. 78).
È una conclusione condivisibile. Sulle tematiche affrontate dalle pagine del­
la Connelly in verità sarebbe opportuno tenere presente svariati orientamenti.
Da un lato, per cominciare, per lo studio e la valutazione adeguata della di­
mensione preriflessiva delle produzioni artistiche e figurative in particolare, po­
trebbe essere produttivamente richiamato un ampio arco di orientamenti, che
hanno peraltro ‘accompagnato’ esperienze decisive dell’arte moderna: come in
particolare gli orientamenti di matrice e tenore fenomenologico che hanno la­
vorato attorno allo statuto di attività intenzionante della soggettività corporea.
Dall’altro lato, relativamente ad una vichiana «estetica del corporeo» non può
essere ignorata una serie di interventi critici significativi disponibili nella lette­
ratura critica (sull’argomento si può ricorrere già al libro di Patella). Tali con­
tributi peraltro complessivamente confermano, se non non la novità problema­
tica di Vico rispetto a linee della cultura primomoderna e ‘barocca’ (la «lette­
ratura delle immagini», etc.), certo la fecondissima innovatività del suo ap­
proccio genetico al «linguaggio iconico». Da tali direzioni di indagine può ri­
sultare confermato, e approfondito, anche il giudizio che l’approccio episte­
mologico e generico-culturale vichiano risulta fondativo di un atteggiamento
idoneo a comprendere in special modo forme espressive ‘primitive’, magari pro­
prie di culture non occidentali.
Anche svariate delle recensioni che corredano ampiamente questo fascico­
lo meriterebbero a loro volta di essere segnalate. Ma qui occorre segnalare piut­
tosto l’ampia e impegnata «Criticai Discussion», di una recente nuova tradu­
zione in inglese della
Scienza nuova
, presentata da D. P.
V
erene
,
On Translating
Vico: ThePenguin ClassicEdition ofthe
New Science (pp. 85-107). Si tratta del­
la traduzione dell’edizione del 1744 curata da David Marsh e Anthony Grafton:
New Science:
Principies ofthe
New Science
Concerning thè Common Nature of
Nations,
London-New York, 1999.
Cominciando con il richiamare l’indiscussa alta qualità della traduzione di
Bergin e Fisch e le grandissime benemerenze da essa acquisite, Verene non ha
difficoltà ad indicare nella convenienza di soddisfare una richiesta di mercato
fattasi considerevole l’effettiva ragione di presentare una nuova traduzione del­
la grande opera vichiana. Ma è proprio il criterio - dichiarato da Marsh nella sua
prefazione (p. XXV) - di rendere quell’opera «leggibile per il lettore moderno»
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