INVENTIO
E VERITÀ NEL PERCORSO VICHIANO
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portanza perché, se è vero che «la mitologia in Vico assume il ruolo di
un’antropogonia, vale a dire la narrazione della nascita del mondo civi
le attraverso le figure mitologiche»46, l’immissione di questa figura nel
momento di nascita delle città e dei matrimoni «certi» dimostra anche
l’utilizzazione dei
monstra
come prodotto d’ingegno sia intellettivo che
poetico e la trasposizione di questi sul piano politico. Se è vero che «tut
te le metamorfosi e i portenti poetici come la chimera, i centauri, le ar
pie, le sirene, sono da ritenersi antichissime leggende
(fabulae)»411
, l’alte
razione e la contraffazione della realtà corrisponde all’operazione fanta
stica di produzione di figure nuove, che però per Vico si modellano co
munque e sempre sul reale. Di fatto, gli ippogrifi e i centauri sono cose
esistenti in natura, ma commiste con il falso; l’utilizzo consensuale del
senso comune, prodotto dall’operare dell’ingegno, rende possibile la ve
rosimiglianza della rappresentazione del mostro. Per Vico la facoltà im
maginativa che può produrre
monstra
non offre per nulla un carattere di
devianza, ma un’utilità fisiologica, epocale: non c’è patologia, come nei
fantasmi cartesiani, ma evoluzione. Anche se vi è stato continuamente
affiancato, al contrario di Tesauro e di gran parte della teorizzazione ba
rocca, per Vico il mostro non è un’«arguzia della Natura» che dimostra
l’operatività dell’ingegno divino, quanto piuttosto il frutto di una capa
cità sintetica non ancora pienamente sviluppata, non congenita dello
sci-
re
umano ma caratteristica solamente di una limitata epoca mentale, di
quell’infanzia del genere umano fondata principalmente sull’esercizio
del senso comune.
Nella
Sn25
i satiri - insieme a Pan, carattere delle nature discordi
(se-
cum ipsa discors
) - vengono identificati con i primi Dei minori (cioè, le
divinità dei plebei), secondo una bizzarra fonte etimologica contenuta
nel
Principio dei Mostri poetici,
dove Vico dice che gli uomini nello sta
to di Hobbes, Grozio e Pufendorf - uomini che poco prima aveva ca
ratterizzato come fortemente dotati di senso e privi di riflessione, dota
ti di senso così fine «poco men che di bestie»48 - uniscono in una sola
idea due corpi di specie diverse, allo stesso modo in cui il satiro unisce
la natura di uomo e capra, bestia per sua natura proterva. E questa po
tenza esuberante del senso sulla riflessione che produce il cosiddetto
«carattere discorde». Le bestie hanno un senso molto più raffinato di
quello umano, perché sono prive di ragione, e nell’uomo si conserva co
46 A.
PONS,
Vico, Hercule et le «principe béroique» de l’histoire,
in «Les Etudes philo-
sophiques», 1994, 4, pp. 489-505.
47 G.
B.
Vico,
Dissertationes,
in
Opere giuridiche,
cit., p.
915.
48 Ediz. Battistini, cit., p. 151.