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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
ne un nutrito numero di lettere scritte dal
1820 al 1848 le quali offrono uno spaccato
della vita milanese della prima metà dell’Ot-
tocento. Attraverso queste pagine si possono
ricostruire i contributi di Cattaneo rispetto a
iniziative economiche come, ad esempio, lo
scavo dei combustibili fossili o i progetti di
illuminazione a gas, alla realizzazione della
ferrovia Venezia-Milano, o ancora alle im­
prese editoriali proposte del federalista mila­
nese, in primo luogo il «Politecnico». Inte­
ressanti in questo epistolario i riferimenti a
Vico, come nella lettera a Giuseppe Monta­
ni (marzo 1822) dove si menziona l’articolo
sulle
Osservazioni di Giandomenico Roma-
gnosi sulla Scienza nuova,
considerato «un
giudice competente» (p. 6), o ancora quella
a Rosmini (1836), nella quale Cattaneo ne
criticava lo scetticismo rifacendosi proprio a
Vico, che considerava proprio lo scetticismo
come una strada che non dava «né politici,
né capitani, né uomini eloquenti, né giudici,
né medici, né
teologi morali»
(p. 68).
[M. M.]
6.
CATTANEO
Carlo,
Psicologiadellemen­
ti associate,
a cura di G. De Liguori, Roma,
Editori riuniti, 2000, pp. 254.
Questa riedizione della
Psicologia delle
menti associate
è accompagnata dalle lezioni
di psicologia che Cattaneo tenne a Lugano
dal 1853 al 1863 e offre un panorama esau­
riente degli scritti cattaniani sulla psicologia.
Va notato il fatto che l’opera del federalista
milanese costituisce senza dubbio un altro,
importante momento della fortuna di Vico
nell’Ottocento, alla quale hanno contribuito
in maniera rilevante gli esuli a Milano della
rivoluzione napoletana del 1799 e Giuseppe
Ferrari. Sugli aspetti vichiani del pensiero di
Cattaneo si sofferma anche il curatore di que­
sto volume nella sua
Introduzione,
dove si
mette in luce che l’incontro tra lo studioso
milanese e il filosofo napoletano avviene in­
nanzitutto sul piano delle riflessioni antro­
pologiche sulla storia e sulla «natura» delle
nazioni, sulla funzione delle religioni, sui
rapporti tra l’uomo e l’ambiente, sul divario
dello sviluppo civile tra i vari popoli della ter­
ra. Tuttavia si nota che Cattaneo non sarebbe
stato un vero e proprio interprete del pensie­
ro vichiano, del quale ne ha rifiutato gli aspet­
ti metafisici per privilegiare «l’istanza forte di
studiare l’uomo nelle sue concrete e storiche
manifestazioni» (p. 27). Informato del dibat­
tito italiano nel quale Cattaneo si inserisce,
nonché della letteratura critica, in primo luo­
go quella badaloniana di Tito Vignoli, il sag­
gio introduttivo accenna solo superficial­
mente alla formazione vichiana di Cattaneo,
che, invece, costituisce uno dei presupposti,
insieme, per esempio, all’influenza esercitata
da Romagnosi e dalle tematiche illuministi-
che, per comprendere più profondamente
l’azione svolta dal federalista milanese.
[M. M.]
7.
C o n te
Domenico,
Storicismo e storia
universale. Linee di un’interpretazione,
Na­
poli, Liguori, 2000, pp. 188.
Interessa qui segnalare questo bel volu­
me per una riflessione sul rapporto Vico-
Spengler, al quale 1’ A. accenna facendo ri­
corso alla nota ricostruzione meineckiana
sulle origini dello storicismo. Dopo aver ri­
cordato che già E. Spranger, in un lavoro del
1926, aveva parlato di Vico come di «un pri­
mo Spengler», 1’ A., ponendo al centro della
propria disamina un saggio di F. Tessitore su
Il Vico di Croce, il Vico di Meinecke,
riper­
corre i momenti salienti dell’interpretazione
vichiana di Meinecke, la quale, com’è noto,
metteva in luce sia gli aspetti positivi del filo­
sofo napoletano, in primo luogo la sua posi­
zione tra i precorritori dello storicismo mo­
derno, sia quelli negativi, scorti soprattutto
nei limiti «del concetto vichiano di sviluppo,
ciclico e
collettivistico»
(p. 166). Secondo lo
storico tedesco, infatti, il fatto che Vico con­
cepisse la storia come una «storia ideale eter­
na» gli impedì di pensare la storia universa­
le, giacché «il ciclo si trasforma in stadiologia
e tipologia, con grande nocumento dell’«in-
dividuale», e il «ricorso» si svela come «ma­
croscopica profesia»» (p. 166). Per questo il
filosofo napoletano poteva essere considera­
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