AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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to come precursore dello storicismo, ma an
che del positivismo e del collettivismo, che
sono poi, secondo FA., i due plessi teorici at
traverso cui Meinecke può fare riferimento al
dibattito moderno tedesco, in particolare a
Lamprecht e a Spengler, del quale in parti
colare intendeva mostrare i legami con la sto
riografia positivistica. Ciò permette all’ A. di
discutere articolatamente circa la valenza sto
ricistica dell’idea spengleriana di storia uni
versale e, seppure all’interno di un quadro di
storia della civiltà sorretta non tanto da un
principio di connessione e di unità organica,
quanto di
sconnessione,
di interrogarsi anco
ra sul significato di Vico nello storicismo, sul
rapporto ‘natura-storia’ nella sua riflessione
che, come già sostenuto da Piovani, pur
aprendosi ad una «filosofia senza natura», re
sta pur sempre legata ad elementi di ‘natura
lismo’ e di ‘metafisica’.
[M. M.]
8.
C rifÒ
Giuliano,
Pomponius,
liber sin
gularis enchiridii
D. 1.2.2 e la «storia del dirit
to»,
in Id.,
Materiali di storiografia romanisti
ca,
Torino, Giappichelli, 1998, pp. 51-78.
Il saggio, che rielabora in maniera felice
la forma originaria di
traccia
per un semina
rio londinese, si segnala per tre aspetti es
senziali: la disamina della ricezione del fram
mento di Sesto Pomponio (II secolo d.C., tra
Adriano e gli Antonini: una singolare esposi
zione di storia delle fonti del diritto, delle
magistrature, dei giuristi e delle scuole giuri
sprudenziali) dalle prime epitomi bizantine
alla pandettistica, con qualche spunto pole
mico verso gli esiti talora paradossali cui con
duce un eccesso di critica interpolazionisti-
ca; il posto privilegiato che Vico occupa in
questa
Wirkungsgeschichte\
alcune conside
razioni generali sui rapporti fra scienza ro
manistica e fonti storiche romane e tra sto
riografia
generale
e storiografia giuridica.
Sull’alterna fortuna del frammento Crifò
ha pagine quanto mai lucide: se nei glossato
ri ci si limita a richiami fugaci, con l’Umane-
simo giuridico il testo pomponiano «viene
messo a profitto in riassunto e, su questa trac
cia, diventa (...) l’orizzonte di una valutazio
ne storiografica del diritto (romano) che si
inquadra in quella autentica esplosione filo-
logico-storica del primo Cinquecento (...)»
(p. 55). È in autori come Zasio, Cuiacio, Fa
bro, tra gli altri, che il frammento dell’E»-
chiridion
prende a esser commentato in trat
tazioni autonome, per poi diventare il mo
dello di ogni
historia iuris
«fino a tutto il
’700» (p. 62). Nessun dubbio, in questa for
tunata stagione, circa lo
statuto
del testo, as
sunto come storia del diritto scritta da un giu
reconsulto, ossia da un operatore per nulla
alieno da interessi pratici: siamo ancora lon
tanissimi dalla scissione di
historia iuris
e
scientia iuris
attraverso la quale si arriverà a
negare che l’esperienza giuridica romana ab
bia avuto coscienza della propria storicità.
Il quadro muta del tutto fra il 1790, anno
di edizione del primo volume dell’incomple-
taAusfùhrlicheErlauterung derPandekten na-
ch Hellfeld
di Gliick (l’ultimo, il trentaquat
tresimo, sarà pubblicato nel 1830), e il 1808,
con lo scritto programmatico
Uber das Stu
diumder RòmischenRechtsgechichte
del pan-
dettista Thibaut: se Glùck «non sente più il
bisogno di commentare il nostro titolo» (p.
63), in quanto il corso di Pandette non pre
vede più una trattazione di storia del diritto,
Thibaut addirittura sancisce la sostanziale ir
rilevanza della storia del diritto per la
scientia
iuris
come scienza pratico-sistematica. Questi
orientamenti, oltre a segnare «la perdita com
pleta di contatto con la (possibile) storicità del
discorso pomponiano» (p. 64), inficiano gra
vemente la possibilità di una storicizzazione
del diritto romano libera da quei condiziona
menti della dogmatica civilistica e da quelle
tendenze attualizzanti che culminano in Savi-
gny e percorrono come una contraddizione
insanabile la
historische Rechtsschule.
È proprio Vico, invece, a comprendere il
senso profondo del testo pomponiano, ad at
tingervi come alla fonte principale della
hi
storia iuris,
a fame il presupposto della «iden
tificazione tra storia e diritto» (p. 75); il che
gli deriva da un’«estrema sensibilità per la co
noscenza
storica
dei giuristi romani» (come
notava finemente Santo Mazzarino, nel sag
gio inedito posto in apertura di
Vico, l’anna
listica e il diritto,
Napoli, 1971, p. 30, n. 61: