INVENTIO
E VERITÀ NEL PERCORSO VICHIANO
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Utilizzando le
Metamorfosi
di Ovidio, Vico tramanda l’innamora­
mento di Pan per la ninfa Siringa e il tentativo di afferrarla che si tradu­
ce in un abbracciare delle canne, che per Vico stanno a significare la leg­
gerezza dei matrimoni naturali, dai quali nascono i centauri, ossia i ple­
bei, che anch’essi altro non sono che mostri di natura discordante55. Co­
sì la nascita della Satira vien fuori dalla maschera dei satiri, che è per metà
capra e per metà uomo, mettendo insieme, al riferire di Orazio, diverse
specie di personaggi56.
In
Sn44,
nel capitolo sulla nascita delle città (come anche in
Sn30,
ma
non in
Sn25,
dove non compare questo capitolo ma sopravvive la figura
del satiro e dove Ercole è l’uccisore dei mostri o nature discordi, cioè
della prole nata dai «nefarj concubiti», e dei tiranni) il tema della «na­
tura discorde» è letteralmente trasferito sul piano sociale: «dice Livio
che, se comunicati fussero da’ nobili i connubi a’ plebei, ne nascerebbe
la prole ‘secum ipsa discors’, ch’è tanto dire quanto ‘mostro mescolato
di due nature’: una, eroica, de’ nobili; altra, ferina, d’essi plebei, che ‘agi­
tabant connubia more ferarum’, il qual motto preso Livio da alcuno an­
tico scrittor d’annali, e l’usò senza scienza, perocché egli il rapporta in
senso: ‘se i nobili imparentassero co’ plebei’»57; poco dopo, «delle fiere,
niuna spezie usa con altra di altra spezie»58. Vico piega a un’interpreta­
zione socio-politica anche l’usanza spartana (testimoniata da Plutarco,
Vita di Licurgo,
16) di gettare dal monte Taigeta i «parti brutti e defor­
mi, cioè fatti da nobili femmine senza la solennità delle nozze»59; questo
perché reputa inverosimile che i decemviri avessero pensato a leggi va­
lide per «mostri naturali, che sono sì radi che le cose rade in natura si di-
con ‘mostri’»60. Mostri furono altresì i figli dei patrizi senza padre61.
Sempre in
Sn44,
nel capitolo sulla politica degli Eroi, Vico propone
tutta una serie di esempi di connubi sociali di nature discordi, che stan­
no a testimoniare la possibilità della nascita delle nozze solenni tra i ple­
bei attraverso la pratica di un amore bestiale: l’abbandono di Penelope
gegno, la facoltà dei retori» (A. B
à
TTISTINI,
Teoria delle imprese e linguaggio iconico vichiano,
in questo «Bollettino» X II-X III, 1982-1983, p. 156).
55 Ediz. Battistini, cit., p. 741.
56
Ibid.
,
p. 852.
57
Ibid.,
p. 688.
58
Ibid.
,
p. 689.
59
Ibid.
, p. 688.
60
Ivi.
61 «Da questo antico costume eroico i figli spuri, ossia nati senza padre certo, nelle leggi
romane rimasero detti ‘mostri’, come osservò, in uno dei responsi in materia legale l’insigne
avvocato Domenico Caravita (...), derivando dalla
Iurisprudentia papinianea
di Antoine Fa-
vre» (
Dissertationes,
cit., p.
855).
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