230
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
tistorico corrisponde l’immagine di un Cuo
co, «miracolo» dello storicismo, isolato dal
la tradizione del riformismo meridionale, ca
pace, tuttavia, di rivelare le ragioni dell’im
pegno a coniugare storia e scienza, di pro
porsi come primo grande storico dell’Otto-
cento italiano, «uno storico nutrito di consa
pevolezza filosofica e perciò in grado di in
tendere la scientificità della storia in fedeltà
al più rigoroso vichismo» (pp. 69-70). Più
netta è la rilevata contrapposizione di Cuoco
a Vico nelle pagine gentiliane dell’
Introdu
zione
agli
Scritti pedagogici inediti o rari
(1909), dove la proposta tesi del «fallimento
del Cuoco filosofo» (p. 70) nasce dall’indivi-
duata disposizione del molisano a ridurre la
speculazione
di matrice vichiana in pensiero
propriamente storico e politico
(ivi).
Con Vi
co sempre più giudicato in antitesi con il se
colo XVIII (qui d’accordo con Croce), l’au
tore del
Platone in Italia
diventa il primo
scrittore del secolo XIX da collocare tra i
gentiliani «profeti del Risorgimento», prota
gonista del complesso processo di formazio
ne culturale e civile della «nuova Italia», in
termini assai diversi da Croce e da Gramsci,
critico radicale, quest’ultimo, della conver-
gente-divergente lettura dei due filosofi del
neoidealismo, di uno «storicismo di modera
ti», denunciato, nei
Quaderni,
proprio in oc
casione di un ripensamento della cuochiana
«rivoluzione passiva» (pp. 72-73).
[F. L.]
4 1
. T e ssito re
Fulvio,
Senso comune, teo
logia della storia e storicismo in Giambattista
Vico,
in
Storia, filosofia e letteratura. Scritti in
onore di Gennaro Sasso
, a cura di M. Herling
e M. Reale, Napoli, Bibliopolis, 1999, pp.
413-436 (apparso come
Introduzione
a
Giambattista Vico
, a cura di F. Tessitore e M.
Sanna, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato, 2000, pp. III-XXV).
Con collaudata perizia critico-filologica
l’A., uno dei maestri del ‘nuovo corso’ di stu
di vichiani nel secondo Novecento, ripropo
ne il
problema
Vico, muovendo dalla ricono
sciuta centralità della «lenta e faticosa sco
perta» della storia al fondo delle originali e
ben note interpretazioni di Piovani e Giar
rizzo (p. 415). A sviluppo e integrazione di
queste esamina il controverso percorso del
senso comune,
convinto che «la base della ri
flessione vichiana resta una grande scoperta
gnoseologica che la rende insieme prosecu-
trice deU’Umanesimo rinascimentale dentro
la crisi settecentesca della ragione scientifico-
matematica e innovatrice del razionalismo ri
nascimentale in cui avvertì più d’un elemen
to di continuazione del razionalismo aristo
telico» (p. 416). Da qui, l’analisi tocca op
portunamente la genesi del
senso comune
, ri
conoscendo, nel rinnovato metodo degli stu
di del
De ratione,
la centralità del linguaggio,
del
Xingenium
attraverso
Xeloquenza
che evi
ta l’erronea identificazione cartesiana di ra
gione e verità, per concentrarsi sul
verosimi
le
, generatore di
senso comune
(p. 419). In
proposito, l’indagine di Tessitore si affida
con eleganza alle note pagine di Antonino
Pagliaro, preoccupandosi, tuttavia, di segui
re l’approfondimento del tema nel
De anti
quissima
che ai
verosimilia
del 1708 sovrap
pone la necessità dell’introdotta
similitudo,
per superare l’abisso tra uomo e Dio in base
al principio comune del
verum ipsumfactum
(p. 421). Coniugato con lo
scire
è il
facere,
af
fidato alle funzioni della
mens
in vista del-
Xordine
e del
vero
delle cose (pp. 422-423).
Sul tema l’interpretazione di Tessitore ri
chiama anche la magistrale lettura di Capo
grassi sullo «strettissimo nesso tra idea e vita
dentro lo stesso rapporto di vita-»
(p. 423 ). In
trodotta da tale rapporto è la complessa que
stione del
diritto
, nato dalla sfera delle
utilità
e dei
bisogni,
simbolo di una
natura
non più
integra dell’uomo di Vico che individua (nel
la
Sinopsi del diritto universale)
il nesso di
auctoritas
e
forma
del
certo.
Con ciò traspare
l’esigenza di riconoscere come impossibile il
riferimento al solo
vero
e la necessità di av
valersi del
senso comune
quale criterio di
cer
tificazione
delle cose, destinato a riemergere
nella «barocca costruzione della
Scienza
Nuova»
(p. 425). Qui, l’autore si sofferma
sulla versione definitiva dell’opera, che gli
appare la conclusione di uno sviluppo «per
il quale la natura umana si sposta sempre più
(...) al piano induttivo e storicistico» (p.