AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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434). Così, la scoperta gnoseologica del
sen
so comune
passa attraverso l’indagine storica
del
diritto naturale delle genti,
espressione
dell’esigenza di trovare il «fondamento uni
versale del diritto» sulla base del riconosci
mento della
comune natura
degli uomini, di
una
metafisica
rinnovata, in quanto «metafi
sica del genere umano». Per tutto ciò, il filo
sofo napoletano deve tornare al vocabolario
della
lingua mentale comune
che proprio il
senso comune
rende possibile in quanto co
noscenza «senza riflessione» e giustificazio
ne dell’uso di un’«arte critica della storia del
le umane idee», distante dalla logica carte
siana e da ogni ipotesi di assolutizzazione
dell’umano e della sua storia. Qui ritorna de
cisa la polemica contro la lettura crociana dei
rapporti in Vico tra universalità e determi
nazione storica, lucidamente rintracciati dal
Pagliaro e riproposti da Tessitore nell’analisi
della complessa, ambigua successione di
pruove
teologiche, logiche e storiche. La ‘cur
vatura’ verso queste ultime attesta la crisi di
ogni atteggiamento totalizzante del mondo
storico, confermata dall’introdotta distinzio
ne tra storia sacra e storia profana (p. 430),
nonché dalla ben nota definizione dell’opera
quale «teologia civile ragionata», opposta al
teleologismo e alla teologia tradizionale che
teorizza la distanza tra individuo e senso del
la storia. Nel perenne movimento di armonia
e rottura dell’cWo sta, invece, il vero signifi
cato del mondo umano, costitutivamente
storico, regolato da una legge di necessità (la
Provvidenza
né immanente né trascendente)
(pp. 431-432). Ad essa Tessitore dedica le sue
conclusive riflessioni, mostrando opportu
namente l’interesse di Vico per la religione
che esprime e garantisce l’esigenza dell’uo
mo di farsi universale, ma senza cedere alla
presunzione totalizzante del «determinismo
teleologico» nel tentativo di assicurare una
salvezza introvabile nella storia come nella
religio.
È questa, infine, a rendere anche la
ci
fra,
la persuasiva connotazione dello ‘storici
smo’ vichiano, nato dalla «originalissima sco
perta dei limiti della ragione, che sono i limiti
della storia, intesa (...) come ordine ordi
nante e non come ordine ordinato (...). La
condizione della condanna o del riscatto del
l’uomo è il riconoscimento della sua libertà,
non può essere la sua oppressione. E sta qui
lo storicismo dell’uomo di Vico alla ricerca
della propria universalizzante certificazione
(...). La forza di questo grande esercizio teo
retico sta nella scoperta dell’idea di
evenien
za
che l’epoca moderna esemplarmente con
figura quale campo di forze contrastanti e in
teragenti in cui il nuovo innova e però non an
nulla il vecchio pur nella preparazione del
l’avvenire. Sta nella scoperta dell’idea di
eve
nienza
di una filosofia dei limiti della ragione
che va collocata l’origine di quella corrente di
pensiero minoritaria ma determinante, che
dal Settecento sfocia nel nostro Novecento,
ponendosi alle origini dello storicismo criti
co, problematico, contrario ad ogni assolu
tezza, sia quella del razionalismo - scientifico
o storico -, sia quella dello storicismo assolu
to» (pp. 435-436).
[F. L.]
42.
TORRINI
Maurizio,
Un amico di Vico:
Tommaso Russo. «Divina Mente» e «Vero
Metafisico»,
in
11 mondo di Vico/ Vico nel
mondo. In ricordo di Giorgio Tagliacozzo,
a
cura di F. Ratto, Perugia, Guerra, 2000, pp.
109-118.
Dettagliato e documentato contributo
che ha tra l’altro il merito di gettare luce su
un corrispondente vichiano, Tommaso Rus
so o Rossi, che costituisce un personaggio as
sai interessante per lo studio del periodo ‘lu-
creziano’ di Vico. L’angolo visuale prescelto
dall’A. è sicuramente il più proficuo: «Tom
maso Russo e Gherardo degli Angioli po
trebbero dunque essere due reazioni, per co
sì dire, ‘marginali’ a un recupero o a una ri
presa dell’atomismo dai caratteri ovviamen
te molto diversi da quello di quarant’anni
prima, un atomismo che non solo guardava
all’empirismo di Galilei e di Gassendi attra
verso Newton, ma che aveva alle spalle non
più il Cartesio materialista dell’Accademia
degli Investiganti, ma la filosofia di Locke e
di Spinoza» (p. 110). Il filosofo fu nativo del-
l’Irpinia, e autore di alcuni
Dialoghi sui mi
steri divini
(1724), della dissertazione
Dell’a
nimo dell’uomo
(1736) e
Della mente sovra