I LUOGHI DELLA CONTEMPLAZIONE
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mente a un rapporto incontaminato che non sussiste più. All’origine,
nel rapporto con l’«eterno vero», non occorreva lo sguardo per con­
templare Dio; con il peccato, la natura umana necessita della media­
zione sensibile, contrassegno di una condizione imperfetta: la contem­
plazione è adesso l’attesa di risposte a interrogativi tutti umani; rispo­
ste da interpretare (vedi gli àuguri) con il rischio di non comprenderle
e di travisarle:
Mentre l’uomo integro contemplava con mente pura l’eterno vero, nel­
lo stato di corruzione gli uomini cominciarono a contemplare il cielo con gli
occhi (...); se in precedenza l’uomo per mezzo della contemplazione del ve­
ro eterno effettuata conmente pura apprendeva direttamente daDio il com­
portamento pratico, in seguito il genere umano corrotto, servendosi della
contemplazione interrogava a tale scopo il cielo10.
Nel
De constantia philologiae,
in modo ancor più esplicito, i sensi e la
mente contraddistinguono rispettivamente il nuovo e l’originario stato
contemplativo:
la prima orazione che gli uomini corrotti rivolsero a Dio fu (...) la con­
templazione, compiuta tuttavia
per mezzo dei sensi
; questa fece seguito al­
l’orazione dell’Adamo integro, che era stata una contemplazione della Ve­
rità eterna
con mente pura11.
Nella contemplazione di Dio «con mente pura» dell’uomo incorrot­
to, «si realizzava pienamente la natura umana integra»12.
giunge: «onde dovettero venir a’ greci i primi 0ea)pf|H(XTa e naBi^aia, ‘divine o sublimi co­
se da contemplarsi’, che terminano nelle cose astratte metafisiche e mattematiche» (Id.,
Prin­
cipidi Scienza nuova,
a cura di F. Nicolini, Milano-Napoli, 1976, capov. 391, pp. 147-148; d’o­
ra in avanti indicata con
Sn44.
Le citazioni nel testo saranno seguite dalla indicazione dei ca­
poversi secondo questa edizione).
Le citazioni del
Diritto universale
saranno indicate seguendo l’originale stesura vichiana;
in mancanza di una traduzione novecentesca (per il
De uno)
ho fornito una mia traduzione,
tenendo conto delle versioni esistenti. Ciò varrà anche per quelle parti che citerò
(De con­
stantia, Dissertationes)
di cui esiste una traduzione, ma lacunosa e talora fuorviarne. Per que­
sti stessi motivi prudenziali non farò riferimento a pagine di edizioni latine contemporanee,
lasciando al lettore il piccolo sforzo di individuare i passi citati.
10
Ivi.
Nella
Sn44,
Vico propone anche una etimologia affine per il termine «mistica». Nel­
l’epoca della sapienza poetica «i poeti da’ greci furon chiamati
mystae
, che Orazio con iscien-
za trasporta ‘interpetri degli dèi’, che spiagavano i divini misteri degli auspici e degli oracoli»
(capov. 381).
11 De universi iuris...,
liber alter, pars posterior,
De constantia philologiae
, cap. XX ; cor­
sivi miei.
12
Ibid.,
liber unus,
De uno universi iuris principio etfine uno
(d’ora in avanti indicato
con
De uno),
cap. XVII.
1...,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28 30,31,32,33,34,35,36,37,38,39,...241