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ALESSANRO STILE
cui solo l’amore legava gli uomini tra loro25. E ancora, la castità e la pietà
verso Dio, che a quella «sapienza integra ed eroica» erano intimamente
congiunte, si scindono anch’esse: «la castità del corpo venne in aiuto al­
la castità della mente» che prima «era intatta dagli errori dei sensi e da
passioni dell’animo»26. La
pietas
si trasforma, a causa del
summi Numi­
nis metus
, in
religio
intesa come «riverenza»:
Una volta corrottasi la natura umana per la caduta di Adamo, alla pietà
seguì la religione, che è propriamente il timore del sommo nume, derivante
dalla consapevolezza della colpa (...). A causa del timore verso il nume, al­
la pietà, cioè all’amore di Dio nella natura integra, era seguita la riverenza
(...) in quella corrotta27.
La trasformazione dei valori, che Vico sottolinea con forza, segna il
passaggio dal culto «totale» di Dio, senza immagini, a una devozione che
deve configurarsi e regolarsi, anzi
regolamentarsi.
Indubbiamente,
se il culto di Dio derivato dalla conoscenza del vero eterno contemplato
con mente pura fosse stato, nell’uomo incorrotto, eterno, sarebbe stato an­
che sempre uniforme28.
Ma è ancora una «congettura»; e la realtà dell’uomo decaduto, sog­
getta all’ «immagine» e alla «regola», registra lo spostamento dalla co­
noscenza del
vero
all’autorità del
certo
:
Dal momento che l’uomo a causa del peccato era stato privato nel suo
agire della conoscenza del vero con mente pura , il certo si sostituì al vero.
Furono allora istituiti dèi certi, cerimonie certe, formule verbali certe me­
diante leggi affinché le religioni acquistassero - per quanto ciò è possibile
agli uomini - un carattere di eternità29.
25
«Sapientia
fu chiamata anche l’apprezzabile prudenza degli uomini preposti alla con­
duzione della cosa pubblica (...). Era questa la seconda parte della sapienza integra, quella
per cui l’uomo integro, animato dalla pietà verso Dio, amava tutti gli uomini»
(ivi).
La pru­
denza appartiene dunque già alla fase dell’uomo che deve recuperare quanto ha perso con il
peccato; nel
De uno
Vico aveva definito prudenza «la mente, quando sotto l’impulso della
virtù si affatica ad investigare la verità»
(De uno,
cap. XXX IX ); sottolineando così la definiti­
va mancanza di «naturalezza» per accedere all’assoluto.
26
Ivi.
Si tratta dunque non di purezza dello spirito, ma di nettezza corporale; Vico parla
di circoncisioni, di lavacri, di abluzioni. Poco dopo, ancor più esplicitamente, scrive: «Così,
in luogo dell’autentico culto di Dio, che nella natura integra era amore di Dio con mente pu­
ra, le genti nello stato di natura corrotta offrirono agli dèi la reverenza, con la sola purezza del
corpo»
(De const. philos.,
cap. IV).
27
Ivi.
28
Ivi.
29 «I valori divini imposti dalla legge (...) sono anche le verità prime ed eterne stabilite
dalla metafisica»
(ivi).
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