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ALESSANRO STILE
temperanza ha bisogno dei godimenti, la fortezza ha bisogno della robu­
stezza fisica, la giustizia ha bisogno degli onori44.
Delle due proposte di Aristotele, la vita contemplativa riproduce con
assoluta fedeltà l’immagine dell’uomo incorrotto nel suo rapporto con
Dio; ma non solo: esprime come meglio non si potrebbe la definizione
di una mistica rigorosa, attenuata soltanto da quella «misura minima»
del peso della corporeità, che pure la mistica intende sopprimere. Vico
respinge questa proposta in quanto classificabile tra le «congetture», ap­
prezzabili ma improponibili. Ma anche la «vita pratica» descritta da Ari­
stotele è fragile, in quanto
l’operare virtuoso non è fine, bensì mezzo per ottenere la felicità, per po­
ter estinguere mediante il suo frequente esercizio la cupidigia, in modo da
giungere alla contemplazione del vero eterno con mente pura e,
dalmomento
che questo ci èprecluso nella vitaterrena
, almeno meritarci la beatitudine eter­
na, la quale non è altro che la contemplazione di Dio con mente pura45,
È perfino superfluo sottolineare quel
cum in hac vita non detur
, la
«preclusione», in questa vita, delle condizioni per la
contemplazione del
vero eterno con mente pura
: possiamo solo meritare la beatitudine eter­
na come premio finale.
Scartate le proposte aristoteliche, Vico formula la propria, che sot­
tende un progetto nuovo, le cui premesse sono pronte a germinare:
Non c’è differenza tra il fine della metafisica, il fine dell’etica, quello del­
la politica: sia invece quello della politica identico a quello dell’etica, questo
a quello della metafisica. Tutto ciò affinché la
meditazione
del vero eterno
conduca la mente decaduta alla felicità,
per quanto sia possibile alla natura
corrotta
, in modo da poter operare sempre in conformità del vero eterno e
quindi, servendoci di queste cose come mezzi, per poter contemplare il ve­
ro eterno con mente pura,
dopo la vita terrena
46.
Vico introduce qui il termine
meditazione
e chiarisce come meglio
non potrebbe la differenza di «luogo» rispetto alla contemplazione. Al­
l’interno di una dimensione in cui i rapporti tra metafisica, etica e poli­
tica sono indistricabili, la meditazione funge da tramite per il consegui­
mento di una felicità
operativa
(«in modo da poter operare sempre in
conformità del vero eterno»),
e quindi
(«porro») per contemplare il «ve­
ro eterno» con mente pura,
post hanc vitam.
Come scriverà nel
De men­
44
Ivi.
45
Ivi-,
corsivo mio.
46
Ivi;
corsivi miei.
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