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ALESSANRO STILE
dei diritti di tutti»52; è l’espressione del «certo che si sostituì al vero» nel
momento in cui l’uomo rimane solo con la sua colpa. Per questo, «la pri­
ma autorità di diritto che ha avuto l’uomo nella solitudine può essere chia­
mata ‘monastica’ o ‘solitaria’» 53. L’elemento negativo di questa condizio­
ne è di procedere per necessità dalla mancanza di leggi positive antece­
denti. L’uomo si protegge da un assedio, reale o psicologico, trovando ri­
fugio in se stesso. Le parole di Vico non esprimono tanto una condanna
diretta della condizione «monastica» (come avverrà d’ora in avanti),
quanto ne prospettano la precarietà e la solitudine che ne è alla base.
Per ‘solitudine’ intendo sia i luoghi frequentati, sia quelli disabitati, quan­
do l’uomo, minacciato nella persona, non può ricorrere al soccorso delle leg­
gi, per cui in quel frangente la società civile non gli è di alcun aiuto54.
Ecco perché, «per tale sua monastica autorità, l’uomo è sovrano nel­
la solitudine»55. C ’è una interessante simmetria tra il discorso vichiano e
quello con cui Malebranche conclude le
Conversations chrétiennes
(la cui
ultima edizione è del 1711) riguardo l’atteggiamento di chi sceglie di ri­
tirarsi dal mondo per cercare una impossibile alternativa:
I
luoghi solitari sono per coloro che si obbligano ad una vera penitenza
(...). Infatti l’austerità è necessaria a coloro che hanno vissuto rincorrendo il
piacere e i continui esercizi di umiltà che si praticano in questi luoghi rap­
presentano il modo più sicuro per sconfiggere l’orgoglio dello spirito56.
Se da una parte nell’opera del filosofo francese veniva reso omaggio
a chi ha scelto di sottrarsi al mondo, dall’altro era sottolineato il caratte­
52
Ibid.,
cap. XCVII.
53
Ibid.,
cap.XCVIII.
54
Ivi.
55
Ibid.,
cap. XCIX. Secondo
Del
Noce, nella critica di Vico al cartesianesimo, «il primo
aspetto su cui cade l’accento della critica vichiana, è la contrapposizione del filosofo ‘politi­
co’ al filosofo ‘monastico’ (...) dove è da considerare come estremamente importante il rilie­
vo della correlatività tra stoicismo e scetticismo, cioè, in relazione ai tempi, tra Cartesio e Bay­
le. E infine alla famosa degnità 130 sull’opposizione tra i ‘filosofi monastici o solitari’, gli stoi­
ci e gli epicurei, e i filosofi politici, principalmente i platonici. La visione storica del Vico sem­
bra quindi, a mio giudizio, dover venir interpretata così: la critica del matematicismo è per lui
conseguente a quella di un originario atteggiamento ‘monastico’ entro cui realmente il mate-
matismo appare l’unica possibile via per vincere lo scetticismo. La non politicità della filoso­
fia cartesiana non è per Vico la conseguenza del matematismo, ma è al contrario Patteggia­
mento condizionante’ entro cui si costruisce una filosofia del rigore geometrico» (À.
D
el
No­
ce
,
Il problema Pascal e l’ateismo contemporaneo,
in Id.,
Il problema dell’ateismo
(1964), Bo­
logna, 1990, p. 502.
56 N.
M
alebranche
,
Conversazioni cristiane,
a cura di A. Ingegno, tr. it. L. Andrini, Fi­
renze, 1999, p. 181.
1...,28,29,30,31,32,33,34,35,36,37 39,40,41,42,43,44,45,46,47,48,...241