38
ALESSANRO STILE
dei diritti di tutti»52; è l’espressione del «certo che si sostituì al vero» nel
momento in cui l’uomo rimane solo con la sua colpa. Per questo, «la pri
ma autorità di diritto che ha avuto l’uomo nella solitudine può essere chia
mata ‘monastica’ o ‘solitaria’» 53. L’elemento negativo di questa condizio
ne è di procedere per necessità dalla mancanza di leggi positive antece
denti. L’uomo si protegge da un assedio, reale o psicologico, trovando ri
fugio in se stesso. Le parole di Vico non esprimono tanto una condanna
diretta della condizione «monastica» (come avverrà d’ora in avanti),
quanto ne prospettano la precarietà e la solitudine che ne è alla base.
Per ‘solitudine’ intendo sia i luoghi frequentati, sia quelli disabitati, quan
do l’uomo, minacciato nella persona, non può ricorrere al soccorso delle leg
gi, per cui in quel frangente la società civile non gli è di alcun aiuto54.
Ecco perché, «per tale sua monastica autorità, l’uomo è sovrano nel
la solitudine»55. C ’è una interessante simmetria tra il discorso vichiano e
quello con cui Malebranche conclude le
Conversations chrétiennes
(la cui
ultima edizione è del 1711) riguardo l’atteggiamento di chi sceglie di ri
tirarsi dal mondo per cercare una impossibile alternativa:
I
luoghi solitari sono per coloro che si obbligano ad una vera penitenza
(...). Infatti l’austerità è necessaria a coloro che hanno vissuto rincorrendo il
piacere e i continui esercizi di umiltà che si praticano in questi luoghi rap
presentano il modo più sicuro per sconfiggere l’orgoglio dello spirito56.
Se da una parte nell’opera del filosofo francese veniva reso omaggio
a chi ha scelto di sottrarsi al mondo, dall’altro era sottolineato il caratte
52
Ibid.,
cap. XCVII.
53
Ibid.,
cap.XCVIII.
54
Ivi.
55
Ibid.,
cap. XCIX. Secondo
Del
Noce, nella critica di Vico al cartesianesimo, «il primo
aspetto su cui cade l’accento della critica vichiana, è la contrapposizione del filosofo ‘politi
co’ al filosofo ‘monastico’ (...) dove è da considerare come estremamente importante il rilie
vo della correlatività tra stoicismo e scetticismo, cioè, in relazione ai tempi, tra Cartesio e Bay
le. E infine alla famosa degnità 130 sull’opposizione tra i ‘filosofi monastici o solitari’, gli stoi
ci e gli epicurei, e i filosofi politici, principalmente i platonici. La visione storica del Vico sem
bra quindi, a mio giudizio, dover venir interpretata così: la critica del matematicismo è per lui
conseguente a quella di un originario atteggiamento ‘monastico’ entro cui realmente il mate-
matismo appare l’unica possibile via per vincere lo scetticismo. La non politicità della filoso
fia cartesiana non è per Vico la conseguenza del matematismo, ma è al contrario Patteggia
mento condizionante’ entro cui si costruisce una filosofia del rigore geometrico» (À.
D
el
No
ce
,
Il problema Pascal e l’ateismo contemporaneo,
in Id.,
Il problema dell’ateismo
(1964), Bo
logna, 1990, p. 502.
56 N.
M
alebranche
,
Conversazioni cristiane,
a cura di A. Ingegno, tr. it. L. Andrini, Fi
renze, 1999, p. 181.