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ALESSANRO STILE
dipintura di ogni sorta di simboli, i «geroglifici», «che significano i
princìpi conosciuti solamente finor per gli effetti di questo mondo di na
zioni»59; una parte di essi è collocata sopra o vicino l’altare; e indicano
la condizione umana al comparire, per il
summi numinis metus
, delle re
ligioni, e dunque la «divinazione» che esprimeva, come abbiamo visto,
un contemplare in cerca di risposte, e non più a contatto con il divino.
Più in basso nella dipintura, significativamente «nel piano più illumina
to di tutti»60, con un allusivo neoplatonismo rovesciato, troviamo «i ge
roglifici significanti le cose umane più conosciute», a partire dal fascio,
la spada, la borsa, la bilancia e il caduceo, che ormai ci introducono nei
primi «imperi civili» e nel successivo sviluppo dell’«età degli uomini».
In modo inequivocabile, Vico precisa che questi ultimi geroglifici «sono
lontani dall’altare, perché sono tutte cose civili de’ tempi ne’ quali an
darono tratto tratto a svanire le false religioni»61.
Posti in campo gli oggetti, può iniziare una sublime ‘caccia al teso
ro’, il cui premio è il gioco stesso: consiste nella intellegibilità di quei se
gni per ricomporli, alla luce della provvidenza, e conferire senso a quel
«mondo delle nazioni» che l’uomo sente adesso di aver
fatto.
La chiave
del ‘gioco’ è data dalla filosofia: gli ultimi geroglifici, posti al di sopra del
globo, «significano il mondo delle menti e di Dio, il quale
finalmente
contemplarono i metafisici»62.
Solo alla filosofia spetta dunque la contemplazione del mondo della
mente e di Dio, della loro rappresentazione congiunta. Quel vero eter
no, irraggiungibile dopo il peccato mediante un contatto diretto, viene
recuperato attraverso una scienza nuova, in cui la filosofia «contempla
la ragione, onde viene la scienza del vero», e «la filologia osserva l’auto
rità dell’umano arbitrio, onde viene la coscienza del certo». La contem
plazione che deriva dal concorso di entrambe è a sua volta verifica della
fondatezza di questa scienza; infatti,
entro la contemplazione di essa prowedenza infinita ed eterna questa
Scienza ritruova certe divine pruove, con le quali si conferma e dimostra63.
Non esiste obbiettivo più alto, come Vico preannunciava già nel
De
antiquissima
, di una scienza che proceda secondo il criterio del
verum-
factum.
Ebbene,
59
Ibid.,
capov. 7, p. 8.
60
Ibid.,
capov. 24, p. 18
61
Ibid.,
capov. 40, p. 30
62
Ibid
., capov. 42, p. 31; corsivo mio.
63
Ibid.,
capov. 343, p. 123.