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MONICA RICCIO
il ruolo, simbolicamente determinante, attribuito a Solone; non il ruolo di
legislatore, ma quello di tramite di una presa di coscienza collettiva da par
te del popolo, coscienza di essere della stessa natura dei nobili, e dunque
di avere uguali diritti. Già nella
Scienza nuova
del 1725 si dice che:
Atene libera fu la madre delle scienze e dell’arti della più colta umanità
e vi cominciarono i filosofi da Solone (...), che ordinò la libertà ateniese con
le sue leggi e lasciò quel motto, pieno di tanta civile utilità: yvcòGv oea-cóv,
Nosce te ipsum,
che fu scritto sopra gli architravi de’ templi e proposto co
me una vera divinità, la quale, assai meglio dei vani auspici, avvisava gli ate
niesi a riflettere nella natura della loro mente, per la quale ravvisassero l’u
gualità dell’umana ragione in tutti, che è la vera ed eterna natura umana, on
de tutti s’uguagliassero nella ragione delle civili utilità, che è la forma eter
na di tutte le repubbliche e sopra tutte della popolare3.
Presente nella
Scienza nuova
del 17304, ma solo di passaggio, l’attribu
zione a Solone del
nosce te ipsum
, che non manca di indignare Nicolini per
la sua arbitrarietà5, ricompare nella
Scienza nuova
del 1744 legata al mo
mento di transizione da un governo aristocratico ad uno popolare; preci
samente, nella «Logica poetica» e al termine del «Corollario» che chiude
il libro quarto. Qui, Solone ha perso la residua caratterizzazione di legi
slatore «democratico» della
Scienza nuova 1
725, per assumere invece la fi
sionomia di carattere poetico, tutta centrata sull’invito
nosce te ipsum
ri
volto ai plebei. Perde, in tal modo, anche ogni sospetto di individualità
«sapiente», che custodisca e quindi sveli magnanimamente al popolo il se
greto della sua natura - erroneamente infatti «da sappiente di sapienza vol
gare, fu creduto sappiente di sapienza riposta» (capov. 1043); anzi, è pos
sibile «che tal Solone furon essi plebei ateniesi, per questo aspetto consi
derati. Perché anco i romani antichi arebbono dovuto aver un tal Solone
fra loro» (capov. 414). E «questo» Solone ad essere indicato, «fatto», «au
tore di quel celebre motto» (capov. 416). Con un atto di autoriflessione
speculare, in cui la plurisecolare individualità solipsistica dell’appello so
cratico viene estesa, «spiegata» su una collettività, si aprono insieme de
mocrazia e filosofia, per la coincidenza, postulata appunto nello schema
ascendente, tra espansione dell’equità ed espansione della ragione.
Quando tuttavia questo momento storicamente e teoreticamente de
cisivo viene collocato nello schema triadico del corso delle nazioni, esso
3
G. B. Vico,
Scienza nuova
1725, in
Opere, 2
voli., a cura di A. Battistini, Milano, 1990,
voi. II, p. 1097 (d’ora in poi
Sn25).
4 Sn30,
p. 120.
5
Cfr. F.
NlCOLINI,
Commento storico alla seconda Scienza nuova
, 2 voli., Roma, 1978, voi. I,
p. 156.