IL GOVERNO DEI POPOLI
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sembra perdere la sua carica propulsiva ed innestare invece un proces
so di accelerazione discendente e di contrazione.
Nell’ambito delle «degnità», dove per altro il tema della decadenza,
e della «barbarie ricorsa» è taciuto o appena adombrato, c ’è un luogo in
cui si avverte chiaramente la contrazione: «L’ordine delle cose umane
procedette: che prima furono le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, ap
presso le città, finalmente l ’accademie» (degn. LXV). Se lo scarto di ge
nere tra i luoghi della vita umana e le accademie è spiegabile con il fatto
che «questa degnità», aggiunge Vico subito dopo,
«è
un gran principio
di etimologia»6, resta palese un’immagine di restrizione; dalle selve, spa
zio immenso ma silenzioso perché abitato da uomini erranti e solitari,
l’associazione umana, strutturalmente comunicativa, va progressiva
mente dilatandosi dai tuguri alle città per chiudersi infine nelle accade
mie. E questo stupisce tanto di più in quanto uno dei fattori determi
nanti dell’apertura dell’equità naturale è proprio costituito dalla «pub
blicazione», comunicazione del segreto alle plebi, quel segreto delle leg
gi e del linguaggio, proprio dell’equità civile, custodito dai patrizi all’in
terno del senato.
Lasciando per il momento da parte gli spunti parabolici, se non ca
tastrofici, della «barbarie della riflessione»7, il senso di contrazione si
avverte proprio nella configurazione strettamente politica, relativa al go
verno, del momento dell’equità naturale. Cito come prima testimonian
za un passo della
Scienza nuova 1725
che congiunge con esemplare chia
rezza e sinteticità (cosa che non sempre si verifica nella
Scienza nuova
1744)
il momento espansivo della ragione umana con le forme di go
verno ad esso più proprie:
Tratto tratto venendosi tra le nazioni a formare i parlari vocali ed a cre
scere i vocabolari (...), i plebei vennero, riflettendo, a riconoscersi di una na
tura uguale a quella dei nobili; in conseguenza della qual conosciuta vera na
tura umana, ricredendosi della vanità dell’eroismo, vollero essere co’ nobili
uguagliati nella ragione dell’utilità. Per la qual cosa (...) finalmente sopra le
rovine del diritto naturale delle genti eroiche, estimato per maggiorità di for
ze, insurse il diritto naturale delle genti umane (...), estimato per ugualità di
ragione (...); vennero i medesimi popoli naturalmente a farsi signori delle
leggi nelle repubbliche popolari; o naturalmente passarono sotto le monar
chie, le quali dettano le leggi con le lingue comuni dei popoli8.
('Sn44,
degn. LXV, capov. 240. Si ferma su quest’apparente anomalia P.
CRISTOFOLINI
in
Scienza nuova. Introduzione alla lettura
, Roma, 1995, pp. 106-107.
7 Si veda a questo proposito A. Pons,
Vico et la «barbarie de la réflexion»,
in
Figures italien-
nes de la rationalité,
a cura di Ch. Menasseyre e A. Tosel, Paris, 1997, pp. 335-358.
8
Sn25,
libro II, cap. VII, p. 1024.