IL GOVERNO DEI POPOLI
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la
Scienza nuova
è forte. Ma, se è vero che anche nella
Scienza nuova
la
moltitudine non intende che cose particolari e private utilità, nel processo
faticoso di adeguamento dell’umanità a se stessa non si può tornare in
dietro, e dunque chiudere ciò che si è aperto: il popolo, i molti, tutti, han
no conosciuto se stessi, hanno riflettuto, una volta per tutte. Questa
riflessione non coincide tuttavia che per un momento - certo simbolica-
mente determinante come l’‘awiso’ soloniano - con il ragionare con men
te pura dei tempi umani, cui resta da stendersi per tempi lunghissimi, e
da governarsi. Allora i tutti ridiventano molti, molteplici, come avverte
Hobbes nel
De rive17,
e ripartiscono il bene pubblico «in minutissime
parti quanti son essi cittadini»18, traducendo la comunicazione dell’u
guale ragione dell’utilità in misura equa, proporzione geometrica, e dun
que giustizia distributiva, piuttosto che proporzione aritmetica, e dun
que giustizia commutativa19. Il censo, che, sulle orme di Aristotele, nel
De constantia iurisprudentis20
è fondamentale criterio di equità delle de
mocrazie, torna ad essere indicato nella
Scienza nuova
1744, ancora con
riferimento ad Aristotele, come «la pianta delle repubbliche popolari, il
quale distribuisce gli onori e i pesi con la proporzione geometrica, se
17 La moltitudine degli uomini «non
è
qualcosa di
unico,
ma molti uomini, ciascuno dei
quali ha la propria volontà, e il proprio giudizio, circa tutte le cose da proporre. (...) E non vi
è
alcuna azione che debba essere attribuita alla moltitudine come
sua
; ma (se tutti o molti vi
hanno acconsentito), non sarà un’azione, ma tante azioni, quanti sono gli uomini» (T.
H
ob
-
BES,
De rive,
a cura di T. Magri, Roma, 1989, cap. VI, pp. 129-130).
18
Sn44,
capov. 951.
19 Nella
Sn25:
«(...) uomini che intendono essere uguali in ragionevole natura, che
è
la
propria e vera natura dell’uomo, che dee essere di tutti i tempi, di tutte le nazioni perché in
una dimostrazione matematica che, come sei awanza di quattro due,
è
di quattro avanzato da
dieci, che
è
la proporzione de’ numeri, con cui la giustizia commutativa cangia le utilità; e co
me uno
è
a tre, così son quattro a dodici, che
è
la proporzione delle misure, con cui la giusti
zia distributiva dispensa le degnità (...), - devono stimar diritto eterno e proprio degli uomi
ni, perocché sieno della stessa spezie, di communicare tra esso loro egualmente le ragioni del
la utilità, sulla stessa riflessione che i deboli desiderano le leggi e i potenti non voglion pari.
Che
è
il diritto delle genti umane» (ed. cit., p. 1075). L’argomentazione
è
aristotelica: si veda
ARISTOTELE,
Etica Nicomacbea,
V, 4). Cfr. anche il
De universi iuris uno principio etfine
(d’o
ra in avanti
De uno),
in G. B. Vico,
Opere giuridiche,
a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974,
cap. XLIV, p. 57
eSn44,
capov. 1042.
20 «Respublica ‘democratica’ eadem ac ‘ex censu’. Sed postea, quum Servius Tullius in
stituit, ut, non singulis optimis, sed publice aerario penderent omnes, dictus est ‘census’, quem
athenienses per St^ovi; describebant. Erant enim 8f)noi minuti populi Atticae, ex quibus po
pulus atheniensis constabat, qui ad comitia legum ferendarum Athenis conveniebant. Unde
Bemardus Segnius, graece satis doctus, in versione
Ethicorum
Aristotelis 8%iov verit ‘cen
tum’, ut tantum sit graecis respublica SrmoKpattKTi seu popularis quantum 'respublica per
censum’ instituta, cum census sit unicum eius reipublicae fundamentum, in qua honores pro
censu dantur» (G. B. Vico,
De uno,
liber alter,
De constantia philologiae,
in
Opere giuridiche,
cit., cap. XXII, pp. 605-607).