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ROBERTO MAZZOLA
tuazione intellettuale di Vico intorno agli anni Venti. Fin da giovane la
frequentazione e l ’esercizio su autori e testi della filologia cinque-sei­
centesca era stata praticata in modo tutt’altro che scolastico, come at­
testa la sua
lezione
all’Accademia del Medinacoeli e le capacità critiche
di Vico si andarono via via affinando sino ai rilevanti contributi alla cri­
tica storica dell’interpretazione delle XII tavole e della relativa legisla­
zione decemvirale o della
lex regia.
A tale proposito il Momigliano par­
tito dalla constatazione della non partecipazione di Vico alla reimpo­
stazione storiografica della storia romana arcaica, tra gli anni Ottanta
del XVII e il primo ventennio del XVIII secolo, ebbe quasi a rammari­
carsi poiché dichiarava che «per un tale lavoro non gli sarebbero man­
cate le capacità tecniche»14. Cosa di cui pare Vico fosse consapevole
tant’è che
nell’idea
orgogliosamente ricorda che:
la legge regia civile, che dicesi comandata dal popolo romano per legit­
timare la romana monarchia nella persona di Augusto, ella ne’
Principi del
Diritto Universale
si dimostra esser una favola, la quale con la favola ivi di­
mostrata della legge delle XII tavole venuta da Atene, sono due luoghi per
li quali stimiamo non aver scritto inutilmente quell’opera15.
Il passo autobiografico prima riportato ci sembra spieghi i motivi
della «non partecipazione» di Vico al movimento storiografico erudito
seicentesco. Il vero problema era evitare lo scetticismo da lui stesso spe­
rimentato e al quale appariva destinato il lavorio critico degli eruditi. Il
processo di maturazione, di ciò che finirà poi con l ’essere la personale
concezione vichiana della filologia, andò di pari passo con il formarsi
della «nuova arte critica» con la quale Vico ritenne di avere finalmente
dato risposta all’esigenza di rigore metodologico indispensabile per
contrastare l ’obiezione cartesiana dell’impossibilità di uscire dal mon­
do delle opinioni nello studio del passato. La novità del metodo indi­
cato da Vico è nella presa di distanza dalla critica umanistica impegna­
ta nella messa a punto dei criteri per l ’edizione dei testi e sul contem­
poraneo studio dell’antichità che su quei testi si fondava. Che la filolo­
gia potesse poi avere addirittura esiti esplosivi una volta applicata allo
studio delle antichità ebraiche è documentato dalle vicende seguite al­
la pubblicazione delle opere del Simon o del
Trattato teologico-politico
di Spinoza. Il riferimento ideale principale per Vico fu però, come in­
dicato dal Sina, il Le Clerc, autore nel 1697 di una fortunata
Ars criti­
ca,
«manuale ampiamente usato nelle scuole europee, ed alcune delle
14 A.
MOMIGLIANO,
Suifondamenti della storia antica
, Torino, 1984, p. 226.
15 Capov. 29.
1...,52,53,54,55,56,57,58,59,60,61 63,64,65,66,67,68,69,70,71,72,...241