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ANDREA ATZENI
volontà ed intelletto4 e si soffermava con nettezza sulla contrapposizio
ne tra sapere divino ed umano, tra
intelligere
e
cogitare
, tra scienza e co
scienza, tra ragione ed autorità, tra verità e certezza. Il
verum-factum
compete pienamente solo alla prima forma di conoscenza, tipicamente
divina, ed il vero per eccellenza è scienza divina e Dio stesso. La cono
scenza umana è in genere soltanto verisimile, o probabile, o persino cer
ta; e certezza è anche quella conseguita da Cartesio. Ma, come Croce sot
tolineava recisamente, il certo non è l ’opposto del vero, il falso5. Solo ad
un ambito circoscritto del sapere umano è poi da Vico riconosciuto «un
posto privilegiato; vale a dire, non di coscienza, ma di vera e propria
scienza, non nella certezza, ma nella verità: le discipline matematiche»6;
mentre non manca una «rivendicazione del mondo dell’intuizione, del
l’esperienza, della probabilità, dell’autorità, di quelle forme tutte che l ’in
tellettualismo ignorava o negava»7. Benché per l ’intero capitolo vi sia una
sola indicazione bibliografica estremamente generica8, non è difficile ri-
4 C
roce
,
op. cit.,
p. 17.
5 «A ll’uomo non è data la scienza, ma la sola coscienza, la quale per l’appunto volge sul
le cose di cui non si può dimostrare il genere o forma onde si fanno. La verità di coscienza è
il lato umano del sapere divino, e sta a questo come la superficie al solido: piuttosto che ve
rità, dovrebbe dirsi certezza. A Dio l
'intelligere,
all’uomo il solo
cogitare,
il pensare, l’andare
raccogliendo gli elementi delle cose, senza poterli mai raccogliere tutti. A Dio il vero dimo
strativo; all’uomo le notizie non dimostrate e non scientifiche, ma o certe per segni indubita
ti o probabili per forza di buoni razioncinì o verisimili per sussidio di potenti congetture.
Il
certo, la verità di coscienza, non è scienza ma non perciò è il falso. E il Vico si guarda
bene dal chiamare false le dottrine di Cartesio: egli vuole soltanto degradarle da verità com
piute a verità frammentarie, da scienza a coscienza. Tutt’altro che falso è il
cogito ergo sum
»
(lbid.,
p. 15).
6
lbid.,
p. 17.
7
lbid.,
p. 26.
8
Avvertiva lo stesso autore nella introduzione alla prima edizione dell’opera: «pur valen
domi assai spesso (specialmente nei capitoli relativi alla storiografia) delle parole testuali del
l’autore, non ho creduto opportuno virgoleggiarle (...), perché, avendole di solito messe in
sieme prendendole da luoghi vari e ora abbreviate ora allargate e sempre frammischiate libe
ramente con parole e frasi mie di commento, il continuo virgoleggiarle sarebbe stato un con
tinuo venir mostrando, con più di fastidio che di utilità, il rovescio del mio ricamo, che cia
scuno potrà osservare da sé, quando ne abbia voglia, col sussidio dei rimandi che ho colloca
ti in fondo al libro» (
ibid.,
p. 7). Tale apparato bibliografico è suddiviso per capitoli. Le sin
gole note sono ulteriormente corredate con l’indicazione degli argomenti e della pagina del
saggio cui si riferiscono. Il rinvio è ai testi vichiani nell’edizione Ferrari, dei quali si riportano
numero di volume e di pagina. Il che, fra l’altro, rende difficile al lettore odierno ricostruire
e controllare i riferimenti non solo ai singoli testi riesposti da Croce, ma persino alle singole
opere.
Al proposito è anche opportuno ricordare che con «Scienza nuova», Croce designava
«tutto quel complesso di ricerche e dottrine che il Vico venne mettendo fuori dal 1720 al 1730,
anzi al 1744, e che, elaborato precipuamente nelle tre opere del
De uno universi iuris princi
pio et fine uno
e della prima e seconda
Scienza nuova
, ha nella redazione definitiva di que-