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ANDREA ATZENI
iniziali
definitiones,
che non fanno riferimento alcuno al diritto, richia­
mandosi piuttosto al
Liber metaphysicus.
Le categorie di
verum
e
certum
sono per Vico stesso determinate in sede metafisica e non c’è ragione per
ritenere che anche l ’origine ‘storica’ non sia stata di tale natura. E vero
poi che, nel
Liber,
c’è l ’importante passo utilizzato da Croce e menzio­
nato apertamente da Fassò, che pone direttamente a confronto
verum
e
certum
servendosi proprio del concetto ‘giuridico’ di
aequum,
ma si ba­
di bene che proprio quel passo mira non a distinguere ma ad identifica­
re (e, come abbiamo ricordato, se ne avvide lo stesso Fassò). Il richiamo
al
Liber
è generico e la distinzione cui fa riferimento è, più verosimil­
mente, quella svolta in tutta la parte gnoseologica iniziale dell’opera: tra
essenza ed esistenza, tra
scientia
e
conscientia,
tra
intelligere
e
cogitare.
Mentre la distinzione tra eterno e contingente è trasferita all’interno del­
la definizione del
verum-,
e quella tra divino ed umano non è esplicitata.
Anche dopo aver superato l’impostazione idealistica ed alcuni altri
aspetti della propria vecchia interpretazione di Vico, Fassò continuerà a so­
stenerne i capisaldi: la crucialità del principio del
verum-certum
di origine
giuridica (identico sul piano logico al
verum-factum
)31 ed il significato im­
manentistico32 suo e dunque dell’intera filosofia vichiana. Nel chiarire le
categorie qui prese in esame, Fassò dispiega un lessico più ricco di quello
crociano, forse troppo ricco: il «vero» è insieme universale, generale, astrat­
to, ideale, razionale, assoluto, giusto, naturale e filosofico; di contro, il «cer­
to» è allora particolare, individuale, concreto, reale, empirico, fattuale, con­
31 «Alla filosofia, che senza dubbio era la sua vocazione vera, appare quindi subito che il
Vico fu avviato dai problemi filosofici che presenta il diritto» (G. F
assò
,
Vico,
in Id.,
Storia
dellafilosofia del diritto,
Bologna, 1968, voi. II, p. 274). «La rivelazione ricevuta da Grozio (o
dalla fase e dalla materia dei suoi studi che egli personifica in Grozio), ossia l’unità del vero e
del certo, coincideva nella sua sostanza col principio intuito nel
De antiquissima
, la conver­
sione del vero col fatto, e trovava anzi in esso il suo fondamento filosofico, che aveva opera­
to fino ad allora nel profondo del suo pensiero, ma senza che egli lo riconoscesse» (Id.,
Vico
e Grozio,
cit., p. 58).
32 «L’affermazione delFimmanentismo che è difficile negare che, certo contro ogni in­
tenzione del cattolicissimo autore di essa, sia presente nella
Scienza nuova»
(Id.,
Vico,
cit., p.
277; e cfr. p. 271). «Il fondamento filosofico della
Scienza nuova-,
l’identità del ‘vero’ col ‘cer­
to’, dell’universale con l’individuale, dell’assoluto con l’empirico, della filosofia, insomma, con
la storia»
(ibid.,
p. 274). «La grandezza della
Scienza nuova
sta altrove: e precisamente nel­
l’intuizione che la vera realtà è la storia, e che l’individuale, di cui la storia consiste, non ha
minore verità dell’universale: il quale universale è anzi proprio l’individuale, nel quale pren­
de forma concreta e veramente reale»
(ibid.,
p. 285). «L’idea della presenza del vero nel cer­
to (...) della razionalità o prowidenzialità della storia, del realizzarsi di una storia ideale eter­
na nella storia delle nazioni» (Id.,
Vico e Grozio,
cit., p. 75; cfr. p. 60), «andava oltre la con­
ferma della conoscenza razionale mediante quella empirica, ossia l’intrinseca unità di esse e
del loro rispettivo oggetto, l’universale e l’individuale, il vero ed il certo»
(ibid.,
p. 83).
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