LA STRUTTURA DEL «CERTO» NELLE OPERE GIURIDICHE VICHIANE
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tingente, positivo, materiale, letterale, effettuale e storico33. È dubbio che
una tale varietà di termini (forse presunti sinonimi) giovi a meglio deter­
minare il valore semantico delle due categorie. Ancora più dubbia è la tra­
sparenza della relazione tra i due piani, che trova, anche negli scritti più tar­
di, formulazioni al limite della contraddizione e del paradosso34.
Nel volume
Vico e Grozio
(1971), lo stesso Fassò si confrontava con la
letteratura vichiana del secondo dopoguerra, specialmente con quella
orientata alla ricostruzione del cosiddetto «previchismo», allo scopo di ve­
rificare la fortuna della propria interpretazione, sia che i suoi studi venis­
sero esplicitamente menzionati, sia che non lo fossero. Il risultato era piut­
tosto deludente. L’impressione è che oggi un tale esame approderebbe a
risultati ben differenti: implicitamente o meno, la lettura di Fassò appare
generalmente e genericamente accettata35. Ma, se lo stesso Fassò era mol­
to attento a non leggere autori e categorie vichiane secondo un’ottica ana­
cronistica ed ingenua, anche i suoi indubbi contributi critici andrebbero
oggi accolti con le dovute verifiche e correzioni; specialmente laddove es­
si appaiano ancora condizionati dal retaggio crociano. Lo stesso diritto
giocò indubbiamente un ruolo fondamentale nella formazione e nella ri­
flessione più originale di Vico, ma il diritto non fu per lui soltanto un am­
bito di studio fra gli altri, cui Vico fu casualmente «applicato» dal padre
e nel quale la sua mente, spontaneamente portata piuttosto alla filosofia,
dovette trovare con fatica la propria strada. E non è qui il caso di insiste­
re sul molteplice primato del diritto nel mondo degli studi e, più in gene­
rale, nella società napoletani, che hanno portato spesso a sostenere un par­
ticolare e diretto interesse politico, politico culturale o filosofico-politico
nel pensiero vichiano, ormai strappato all’isolamento precorritore in cui
33
Id.,
I «quattro auttori»...,
cit., pp. 47-48 e
passim
;
Id .,
Genesi...,
cit., p. 327 e
passim
;
Id.,
Vico,
cit., pp. 272-277 e
passim
;
Id.,
Vico e Grozio,
cit., pp. 60 e
passim.
34 «Tale Mente è Provvidenza trascendente e immanente ad un tempo, Dio e spirito uma­
no»
(I
d
.,
Vico,
cit., p. 271); «contrasto, che era peraltro in pari tempo intima congiunzione,
di un elemento universale ed assoluto, ‘vero’ (...) e di un elemento particolare, legato alle cir­
costanze storiche, ‘certo’»
(ibid.,
p. 274); «la ragione e l’autorità, pur essendo opposte non si
escludono, e debbono anzi implicarsi»
(ibid.,
p. 277); «presenza del vero nel certo, o, se più
piace, della partecipazione del certo al vero»
(I
d
.,
Vico e Grozio,
cit., p. 77).
35 O ltre che sugli studi italiani, Fassò pare avere esercitato una forte influenza su quelli
angloamericani, almeno da Mooney a Goetsch. Inoltre Fellman ha dichiarato di considerare
il saggio su
I «quattro auttori»
un imprescindibile classico fra gli studi vichiani (cfr. ad es. la
breve nota dal titolo
Vanamente,
in questo «Bollettino» XXI, 1991, pp. 138-142; per Fassò
spec. p. 141). Si vedano anche i recenti lavori di J. M.
BERMUDO ÀviLA,
Dal verum-factum al
verum-certum
[1], in «Convivium. Revista de Filosofìa» I (1990), pp. 75-103; e
Dal verum-fac-
tum al verum-certum
[2], in «Convivium. Revista de Filosofìa» II (1991), pp. 29-58.
L’interpretazione di termini come «vero» e «certo» è obbligatoria, sebbene indiretta, in
caso di traduzione.
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